Caro Christian, Caro Norman,
attualmente nel nostro Ticino vi è animosità su temi mediaticamente coinvolgenti ma che purtroppo portano poco – o nulla – sostanza al vero problema attuale del nostro Cantone che è la disoccupazione.
La principale preoccupazione del Ticino, e della mia Città di Lugano, ritengo sia questo.
Saprete certamente meglio di me che oggi le persone in cerca di un lavoro in Ticino sono circa 18’000, di cui almeno 5000 solo a Lugano.
Numeri certamente importanti, da brivido, ma che non devono lasciare spazio alla rassegnazione, né tantomeno lasciarci con le mani in mano.
Siamo quotidianamente confrontati con persone disperate che non chiedono altro che poter lavorare; richiesta più che legittima.
Il potenziale lavoro in Ticino sarebbe oggi garantito pressoché a tutti ed in quasi tutti i settori; prova ne è che giornalmente le nostre ditte, le nostre aziende e ora pure i nostri uffici e le nostre banche vengono invase quotidianamente da oltre 60’000 lavoratori provenienti da oltre confine.
Siamo coscienti che non è un’equazione semplice:
limitare a 42’000 i frontalieri = ticinesi tutti occupati. Sarebbe troppo bello!
Tuttavia qualcosa va fatto e mi permetto di suggerire un modo di operare assolutamente percorribile:
Bisogna creare secondo me una sinergia fra i dipartimenti da voi diretti (Istituzioni ed Economia) affinché si vigili e si intervenga su quei casi di richiesta o di rinnovo di permesso di lavoro di frontalieri (permesso G) in posizioni ove abbiamo molti disoccupati ticinesi.
È chiaro che la legge sulla libera circolazione non ci permette di negare nuovi permessi di lavoro ai frontalieri. Niente e nessuno ci impedisce però di rallentarli in attesa di verifiche.
I servizi interessati (permessi e lavoro) non devono a mio parere limitarsi ad un puro e semplice lavoro amministrativo e di routine; qui vanno valutati i singoli casi, vanno contattate le singole aziende che fanno richiesta di frontalieri pur coscienti che vi sono ticinesi disoccupati, e queste aziende vanno sensibilizzate, indirizzate ed eventualmente aiutate.
Un aiuto concreto potrebbe essere questo: che l’ente pubblico paghi all’azienda – per esempio per il primo anno – gli oneri sociali all’assunto ticinese. Verrebbe così sgravata da importanti contributi, con l’opportunità di testare ed apprezzare l’operato del lavoratore locale; non sarebbe inoltre un costo aggiuntivo per le casse dello Stato che non dovrebbe più versare indennità di disoccupazione.
Dopo un primo anno si potranno fare i primi bilanci e valutare i risultati dell’operazione.
Certamente è un lavoro impegnativo e che implica probabilmente la messa in campo di rinforzi, tuttavia le soluzioni ci sono; dobbiamo tutti assieme applicare buon senso, passione e tanta volontà nel risolvere questo annoso problema. La mia proposta va letta nel solco della battaglia che il Ticino ha già avviato, e vi ringrazio di cuore per l’impegno dato, per ottenere la clausola di salvaguardia, limitando in certi settori e a certe condizioni il numero di permessi per frontalieri. Ma nell’attesa che i postulati del “9 febbraio” trovino applicazione credo ci si debba muovere anche su altri fronti.
Con stima
Fabio Schnellmann