Qualche giorno fa ci siamo incontrati con una grande famiglia che opera nella ristorazione in Italia, e discorrendo con loro ci siamo accorti come tutto il mondo sia paese. Prendendo in mano un pomodoro si deve capire come trattarlo, con delicatezza e dolcezza. Ogni cuoco ha una personalità particolare e cerca di trasmetterla ai suoi piatti. Tutto deve funzionare, dalla cucina, dai prodotti nostrani, dai piatti poveri che sono ricchi di sapori, dal servizio, dall’accoglienza, dal locale e via dicendo. Scegliere cosa si fa, cercare di fare esperienze all’estero, per capire ogni filosofia, proporre piatti semplici nostrani, per far gioire i propri ospiti con i sapori. Dei flash mi passavano nella mente, di come sono stato accolto in alcuni ristoranti e in altri. Di perché in alcuni si ritorna ed in altri non si torna più. Quando poi la parola finale di questo capo famiglia fu che dopo 44 anni di lavoro per lui e la sua azienda l’ospite è sempre il centro dei loro interessi, capiamo come mai alcuni lavorano ed altri no. La cucina sembra oggi essere un gioco, tanto che in tutti i canali televisivi si parla, molte volte a sproposito, di cibi, senza creare quell’alone mistico che il cibo porta e deve portare con se. Anche solo un piatto di spaghetti al pomodoro e basilico può suscitare emozioni fortissime. Ecco sentendo queste parole, mi sono rapportato al nostro Incontro Gastronomico ”Al nos mangee…” convincendomi che la filosofia del mangiare di casa nostra e del valorizzare i nostri sapori di quei momenti in cui la povertà ingegnava le nonne ad una gastronomia popolare. Da qui è nata la tradizione gastronomica, annacquata poi da svariate diavolerie come la nouvelle cuisine, la cucina molecolare, che come sono arrivate sono anche sparite per rilasciare spazio alla cucina vera, quella del territorio. Semplicità, materie prime ottime, genuinità, voglia di scoprire e una grande passione sono il mix di una buona cucina.