L’anno scorso avevo letto un interessante articolo sulle preferenze nel modo di pagare in Svizzera. È emerso che l’87% del campione intervistato non intende rinunciare al denaro contante, solo il 9,5% pensa che un “app” come TWINT sia indispensabile (trattasi di un metodo di pagamento in cui si usa il proprio smartphone).
L’interesse per questi metodi moderni di pagamento è in costante aumento ma non si è ancora imposto del tutti anche se certe lobby puntano – anche attraverso il finanziamento di studi poco imparziali – sul farci cambiare idea.
Questo perché? Semplice, si punta alla tracciabilità del denaro ma in sostanza si tratta di una subdola forma di controllo. Inoltre le carte di credito o di debito (non conosco il caso specifico delle applicazioni per il telefonino) generano costi per i ristoratori, gli albergatori e i negozianti in generale i quali oltretutto non hanno l’immediatezza del denaro direttamente sul conto. Ecco che l’aver appreso attraverso un’esperienza personale che un noto festival musicale che si è svolge in una rinomata città del Canton Ticino è completamente “cashfree” mi ha lasciato alquanto perplesso e mi ha fatto sentire improvvisamente vecchio.
Alla richiesta di ripiegare una “cinquantella” nel portafogli per pagare un annacquato Gin tonic e una birra e di usare una carta rispondo “Tu Gigi di Biagio che sbaglia il rigore a Francia ’98 te lo ricordi?” Ovviamente non poteva ricordarselo perché “Millennials” e io ero solo un vecchio trentenne che voleva pagare con una banconota. Sarò all’ antica ma preferisco i vecchi metodi. Io dico “no” alla demonizzazione del denaro contante.
Alessandro “Bubi” Berta (Gordevio), membro del partito UDC