E’ quasi un dato di fatto che la neve a basse quote in questi ultimi anni stenta ad arrivare e quando arriva le stagioni sciistiche sono quasi compromesse. Piangono la neve stazioni invernali della svizzera centrale, come piangono in Ticino, salvo forse Bosco Gurin che ha capito cosa sia una stagione invernale. Rinfreschiamo la memoria: una stagione invernale non punta tutto esclusivamente sulla neve e sullo sci alpino, ma deve permettere, almeno nei periodi in cui si prevede il pieno, soluzioni alternative in loco. Oppure definire per ogni tipo di stazione invernale la nicchia a cui rivolgersi. In un’intervista nella svizzera centrale, un direttore di una stazione invernale famosa ha annunciato che loro hanno un incremento di pernottamenti e praticamente nessuno ha annullato le riservazioni. Mancando la neve hanno istituito una task Force giornaliera per proporre ogni giorno attività collaterali interessanti rivolte ai bambini, agli adulti e agli anziani. Facendo in questo modo dimenticare l’assenza della neve. Shopping, SPA, passeggiate a cavallo, pattinaggio sul laghetto, tea-room, pub, disco music, apero life, cene sulla neve e via di questo passo per tenere occupati i turisti che sembrano, in quella stazione, rispondere molto positivamente. Chi poi vuole sciare sale ai 3000 metri e quello che non fa la natura fanno 150 cannoni di neve artificiale di nuova generazione. Abbiamo anche noi passato qualche giorno in una rinomata stazione invernale, ospiti di una grande catena di alberghi, e ci è stato offerto e proposto ogni ben di Dio per passare i nostri tre giorni. Shopping e quant’altro per occupare il tempo come passeggiate, visite ai musei del luogo e posteggi gratis se ospiti di un albergo. Allora significa che magari dando indirizzi specifici alle nostre micro realtà invernali dai macro costi pubblici, vi sarebbe l’opportunità di riuscire a far si che ogni franco pubblico speso porti almeno l’equivalente moltiplicato 8 volte, come dicono le statistiche. (Studi commissionati a volte dai committenti stessi indirizzati ad interpretazioni legate ad opportunità di giustificazioni diverse). Per far questo in un piccolo Ticino ci vuole vera unità di intenti e non solo di facciata per poi pensare che uno è meglio dell’altro. Se si riuscisse ad avere la complementarietà di tutto il Ticino, non avremmo nessun problema turistico ma potremmo costruire un futuro florido fatto di un’economia solida legata al turismo. In questa complementarietà deve anche esistere la gioia di accogliere il turista, la felicità nel proporre le nostre peculiarietà, la voglia di far bene e l’amore per il territorio in cui si vive. Tutto il resto sono “ciance” che non portano a nulla. Vogliamo finalmente finalizzare una politica turistica globale, oltrepassando steccati personali o continuare a voler sostenere i soliti noti che usano soldi pubblici senza una politica turistica a medio-lungo termine, vanificando chi poi ha attività private (le famose sinergie) che grazie alla non Real-Politik, che investono di loro e se poi vanno male vengono pure “scherniti” da chi usa soldi pubblici come se fossero i loro. Siamo capaci tutti a gestire attività con i soldi pubblici, se poi ogni anno si riparte da zero come se i passivi non esistessero… (vengono azzerati da entità pubbliche)
Siamo certi che con gli stessi soldi pubblici investiti per ingraziarsi le varie regioni, si potrebbe con una spugna cancellare il passato e ripartire con persone nuove, qualificate ed esperti in turismo. Basta voler provare….

Nella foto in un ristorante a Bormio dove non possono mancare i tipici Chats valtellinesi !
Senza assolutamente dimenticare l’indotto della gastronomia che potrebbe essere la “chiave di volta” se proposta con i prodotti del territorio e con una cucina nostrana e semplice a prezzi accessibili. I turisti quando vanno in un luogo desiderano assaggiare i prodotti tipici per cui adattiamoci al loro desiderio, ne avremo tutti benefici enormi.