Museo di Leventina: Da museo etnografico a museo antropologico. Per un giro virtuale vedi la galleria fotografica ETiCinforma.ch.
Dopo alcuni anni di chiusura per permettere i lavori di ristrutturazione e di restauro, la sede del Museo di Leventina a Giornico riapre al pubblico. Lo fa in un’ottica nuova, proponendo un allestimento che non mancherà di stimolare la curiosità dei visitatori.
L’accento è posto sull’uomo, sulla sua ricerca d’identità e sul ricorso ai rituali per strutturare la propria esistenza.
Si tratta di un nuovo approccio che si distanzia da quello del museo etnografico “classico”, dedicato unicamente alla raccolta di oggetti della vita contadina di un tempo. Il nuovo approccio museale è di tipo antropologico in quanto intende indagare i differenti fenomeni all’interno della società, di oggi e di ieri, in cui esso è collocato.
Per questo, prima di tutto all’interno del museo si ritrova la gente della Leventina attraverso le loro immagini e soprattutto attraverso la loro partecipazione alla creazione di un “museo fatto dalla gente.
Perché l’IDENTITÀ al museo?
Come raccontare una cultura, definire un popolo, decidere chi fa parte di un’etnia? Chi decide? Quali sono i criteri che determinano l’appartenenza o l’esclusione di una persona ad un determinato gruppo?
Queste domande, già poste dai primi antropologi, hanno rappresentato il punto di partenza della riflessione che ha portato la curatrice Diana Tenconi a ripensare l’allestimento della mostra permanente del Museo di Leventina.
Per questo motivo ci si è chiesti se esista o meno un”’identità leventinese” e che forma o contenuto potesse avere. Questo quesito è posto anche al visitatore che viene guidato attraverso l’allestimento alla scoperta delle persone, dei simboli e dei modi di vita che hanno, e che tutt’ oggi contraddistinguono, questa Valle. Ci si accorgerà presto che non tutto è come sembra: molti stereotipi possano cadere e molte idee che si pensava fossero universali sono invece una costruzione.
L’identità è stata considerata a lungo una categoria entro cui descrivere un tipo di comunità chiusa, autosufficiente e al suo interno omogenea. Solo da qualche decennio questo concetto è stato messo in discussione da più punti di vista: antropologico, storico, filosofico perché non più sostenibile dinnanzi alle nuove realtà in costante mutamento.
Come sottolineato da ricercatori come Roberto Malighetti, l’identità è oggi un “prodotto artificiale,
dinamico ed aperto, di rappresentazioni contingenti, precarie e parziali?’.
Il sentimento di appartenere ad una specifica identità ha a che vedere con la “definizione del se e/o dell’altro collettivi” e si forma generalmente sulla base di rapporti di forza tra gruppi con interessi specifici.’
Il tema dell’identità è un tema molto delicato poiché il processo stesso nel quale un individuo si definisce appartenente ad un determinato gruppo sociale implica il confronto con l’altro, il diverso. Ci si definisce appartenenti ad una cultura, ad una società o ad un gruppo specifico proprio in rapporto con gli “altri” non appartenenti al “noi”.3 In tal senso l’identità non è più pensabile come qualcosa di predefinito. Si tratta per contro di una costruzione, di un processo nel quale l’individuo si riconosce o si distanzia dal gruppo o società di riferimento.
Questo aspetto è trattato nelle sale al primo piano dedicate alle sfaccettature dell’identità stimolando il visitatore alla riflessione.
AI secondo piano si trova la sezione della permanente dedicata alla “RITUALITÀ”.
Attraverso lo sguardo dell’antropologo si scoprono le molteplici funzioni dei riti, tutt’ora molto presenti nella nostra società, anche se in ambiti inaspettati.
La sfida dell’allestimento è stata quella di spiegare la complessità di questi concetti attraverso la scelta di oggetti, fotografie e documenti. L’idea del “museo fatto dai Leventinesi” si ritrova anche nelle voci raccolte da Mario Vicari che accompagnano il visitatore per tutta la mostra.
I contenuti dell’innovativa mostra permanente sono stati scelti dalla antropologa Diana Tenconi. Le riflessioni che hanno portato alla scelta dei temi si sono sviluppate dalla ricerca di una definizione di cultura locale, oggi associata al concetto di “identità”.
Oltre alla collaborazione di Alessandra Ferrini Giordano del Centro di dialettologia e di etnografia e di Veronica Carmine, ci si è avvalsi dell’appoggio di un gruppo di esperti, soprattutto per le sezioni che toccano argomenti che esulano dalle materie antropologiche, come: la storia economica (Fabrizio Viscontini) e lo sviluppo idrolettrico (Franco Romerio).
L’allestimento grafico è stato studiato dalla theredbox di Alberto Bianda.
Un museo tra reale e virtuale
Il punto cardine del museo è rappresentato dal sito internet nel quale, oltre alle informazioni più importanti, vengono inseriti anche approfondimenti e curiosità che riguardano i contenuti delle esposizioni. La visita assume una nuova dimensione virtuale.
La tecnologia, sapientemente usata nelle nuove installazioni invita a vivere l’esperienza museale in modo diretto e interattivo in particolare con una postazione programmata da Andreas Gysin con cui si potrà “planare” all’interno di una Leventina virtuale programmata per approfondire le diverse tematiche trattate nella mostra.
Il Totem della memoria
La conoscenza della storia e della vita leventinese non si esauriscono con la visita alle sale espositive, ma continuano nel “Totem Leventina”. Si tratta di un grande contenitore multimediale della memoria locale in cui il visitatore troverà filmati o ascolti raccolti nel corso di quasi ottant’anni di attività della RSI. Qualcuno resterà sorpreso nel riconoscersi in un filmato di tanti anni fa, altri vedranno immagini di luoghi ormai radicalmente modificati dallo sviluppo territoriale, altri ancora potranno approfondire le tematiche dell’esposizione.
Nato da un progetto della Radiotelevisione della Svizzera Italiana (RSI) e dalla Scuola Universitaria Professionale (SUPSI) in collaborazione con il Museo di Levntina, il “Totem Leventina” è a disposizione del pubblico sia come punto di approfondimento delle mostre permanente e temporanea, sia come strumento di lavoro per le scuole o per i gruppi che desiderano trattare un tema particolare attraverso i filmati di un tempo.
Nuovi spazi faranno vivere il museo.
Fino a qualche anno fa gli spazi a disposizione erano usati quasi esclusivamente come spazi espositivi e il percorso si limitava ai locali di Casa Stanga, la sede storica del museo, riconoscibile per i numerosi affreschi sulla facciata. Dell’ attigua Casa Clemente venivano sfruttati solo alcuni locali come biblioteca ufficio e magazzino. Con la ristrutturazione si è voluto creare un nuovo complesso museale che potesse offrire maggiori spazi sia per le esposizioni sia per l’animazione e l’accoglienza al pubblico.
Alle sale espositive si sono aggiunte: un sala conferenze per una cinquantina di persone, una biblioteca, degli interessanti spazi sottotetto all’ultimo piano, un giardino a ridosso del fiume, una cucina adatta per le attività didattiche ed un laboratorio.
E stato aggiunto un corpo di raccordo esterno tra le due case in cui si trovano l’ascensore, la scala e i servizi. Questa torre, caratterizza il museo con una struttura lamellare in carpenteria lignea rendendolo riconoscibile anche dal retro.
Il restauro ha inoltre riportato al loro antico splendore i cinquecenteschi affreschi della facciata e ha permesso di scoprirne di nuovi all’interno.
LA TEMPORANEA: Dietro le quinte. Storia di una collezione
Dedicata alla storia della collezione del Museo di Leventina, la mostra temporanea vuole essere anche un’ occasione per proporre al pubblico un discorso metamuseale e una riflessione sul modo ed il senso che ha il raccogliere e l’esporre gli oggetti.
La mostra ripercorre la storia della collezione del museo e al contempo ne descrive le fasi e gli approcci con cui sono stati raccolti gli oggetti.
Pone inoltre l’accento su come il settore si è professionalizzato e come la ricerca di oggetti per la collezione avviene attraverso nuove modalità di catalogazione e conservazione. Da un testo redatto dalla curatrice del Museo di Leventina, Diana Tenconi.
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