Nella seduta di Gran Consiglio di lunedì 17 ottobre 2022 si è svolta una discussione generale seguita alle interpellanze in merito alla vicenda del direttore di Scuola media che si è licenziato dopo essere stato arrestato con l’accusa di atti sessuali con fanciulli.
Dalla discussione è emerso prepotentemente il tema della difficoltà di far sentire la propria voce da parte delle vittime di violenza e delle loro famiglie, in particolare quando gli abusi avvengono nella scuola. Inoltre, ci sono troppi adulti non ancora coscienti di cosa sia un abuso sessuale.
Nel mese di settembre 2012, il Gruppo di lavoro interdipartimentale (DSS, DECS, DI) per la “prevenzione della pedofilia nei settori a contatto con l’infanzia e l’adolescenza” aveva presentato un programma di 17 misure per la prevenzione degli abusi sessuali su bambini e adolescenti, articolato in 6 categorie. In particolare, nell’ambito della categoria “Dispositivo cantonale”, si affermava: “Occorre individuare una figura o ente unico di riferimento in materia di abusi sessuali su bambini e/o adolescenti che divenga l’interlocutore per le persone confrontate alla problematica” (p. 3 del Messaggio 6924).
Alla luce dei recenti casi, appare evidente che qualcosa non ha funzionato.
Nella scuola, per i giovani ma anche per tutta la società in generale, è necessario attivare un filtro unico e diretto per le segnalazioni.
Questa esigenza di avere “un filtro unico che raccolga le segnalazioni di possibili abusi e sappia smistarle in modo corretto ed efficace”, è stata espressa in audizione dalla Procuratrice pubblica Pamela Pedretti e ripresa nel Rapporto 6924 sul tema della prevenzione degli abusi sessuali su bambini e adolescenti, approvato il 22 gennaio 2019 dal Gran Consiglio.
Così come in tempo di confinamento per il Covid-19 si è approntato in tempi brevissimi un numero unico (“hotline cantonale”) ad esempio per il sostegno psicologico, si chiede che venga – in tempi altrettanto brevi – predisposto un numero unico antiviolenza.
A scanso di equivoci, non stiamo chiedendo un numero a tre cifre: di questo sembra che si stia occupando la politica federale, trattandosi di un numero da attivare su tutto il territorio nazionale secondo precise regole.
Qui si tratta semplicemente di avere un solo numero – invece dei numerosi numeri (cfr. ad esempio il comunicato stampa sulla “Rete cantonale contro la violenza” in tempo di pandemia) che una potenziale vittima o il suo entourage devono valutare, prima di capire quale chiamare in quali circostanze (incluse quelle geografiche…). Un filtro unico è indispensabile, soprattutto quando ci sono dei minori in situazioni “scomode”, che devono capire a chi rivolgersi. La semplicità è essenziale. E questo compito non può essere svolto dal 117.
In modo molto pragmatico, invitiamo il Governo a fare riferimento al picchetto telefonico 24h che già esiste in capo alle due strutture di accoglienza delle donne, nel Sopra- e Sottoceneri. Coordinando un picchetto telefonico con competenze specifiche per i giovani e dotandolo di un numero unico (come per la hotline Covid), sarà possibile – grazie alle competenze delle persone che già oggi lavorano nel settore – fungere da filtro e smistamento per le diverse richieste di intervento e di informazione.
Grazie agli importanti dati raccolti tramite gli approfondimenti compiuti con il “Piano cantonale antiviolenza”, sarà ora più semplice delineare dei protocolli per trattare le diverse richieste che arriveranno al numero unico antiviolenza. Oggi, infatti, abbiamo una mappa precisa delle varie istanze presenti sul territorio e dei rispettivi ambiti d’intervento. Questo sarà molto utile nell’indirizzare le vittime (attuali o potenziali) verso il servizio più adeguato.
Con l’obiettivo di avere un filtro unico in tempi rapidi, invitiamo il Governo ad adottare il medesimo atteggiamento propositivo e concreto di cui ha dato prova nel caso, ad esempio, della hotline psicologica durante la pandemia. Senza badare ai fronzoli, in parole povere. Eventualmente cominciando con una fase pilota, purché si cominci.
Come è stato sottolineato da tutte le forze politiche nell’ambito di numerosi dibattiti e prese di posizione, il punto debole ancora oggi è la difficoltà di parlare, cioè di chiedere aiuto in caso di violenza o presunta violenza per timore di non essere ascoltati.
Confrontandosi con la società civile, è emersa anche la necessità di chiedere consiglio, avere indicazioni sulla procedura da seguire e su come intervenire senza esporsi a ritorsioni e senza danneggiare sé stessi o altre persone. Riteniamo che un filtro unico per raccogliere le segnalazioni di possibili abusi possa rispondere anche a questa importante esigenza.
In ambiti particolarmente sensibili, come la scuola, appare oltremodo necessario fornire ai giovani e alle famiglie, ma anche ai colleghi (ad es. docenti), un’alternativa esterna, seria e fidata, dove manifestare le proprie preoccupazioni, chiedere consiglio, richiedere interventi. Affinché più nessun segnale (o segnalazione) cada nel vuoto.
Un filtro unico cantonale rappresenta anche un gesto chiaro e univoco che dimostra la volontà di aiutare le vittime di violenza soprattutto quando si tratta di minorenni: dice chiaramente da che parte sta lo Stato.
Tamara Merlo e Maura Mossi Nembrini