Cito Luigi Einaudi, visto che negli ultimi giorni si è parlato di lui, a proposito del suo archivio, che vorremmo portare in Ticino: “La libertà economica è la condizione necessaria della libertà politica”.
Cito Einaudi anche perché in queste ultime campagne elettorali, in cui si è guardato troppo ai numeri e si è puntato sulla demagogia o sul mantra dei frontalieri e dei problemi sulla libera circolazione (a cui va chiaramente posto rimedio), si sono persi di vista i valori.
Chi pensa che la politica oggi si faccia soltanto con il pallottoliere, e si riduca a una conta dei seggi o delle proporzioni tra chi ha votato contro o a favore di qualcosa non ha a cuore le sorti del proprio Paese.
La politica deve ritrovare delle linee guida, dei principi, dei punti cardinali. Il pensiero di Einaudi è in questo senso un utile strumento di orientamento: una bussola!
Se ci chiamiamo liberali radicali non è per un caso ma è per la nostra storia. Se ci battiamo per riconquistare il terzo seggio al Nazionale non è per brama di potere, ma per amministrare sulla base di valori il potere che discende dal voto democratico.
Ce la possiamo fare, ne sono convinto, pur sapendo che oggi l’elettorato predilige chi alza la voce e semina paura.
La libertà tanto amata da Einaudi è uno degli slogan che abbiamo scelto come PLR a livello nazionale per questa campagna. Il secondo è il progresso, perché il progresso passa per la libertà economica e non per lo statalismo. Il terzo è la coesione. Ma non ci sarà coesione senza una rifondazione del federalismo, che significa prima di tutto ribadire la nostra autonomia dalle eccessive ingerenze dell’Europa e in secondo luogo da quelle di Berna. A Berna dobbiamo andarci per declinare il più possibile le scelte fondamentali a vantaggio del nostro Cantone.
In un articolo pubblicato (pensate un po’) su Gazzetta Ticinese nel luglio del 1944, Einaudi, che quattro anni dopo divenne il secondo presidente della Repubblica italiana, parlava proprio della necessità di rafforzare i poteri locali contro il centralismo di origine napoleonica, prendendo ad esempio la nostra democrazia diretta e federalista.
“La democrazia comincia dal comune – scriveva -, che è cosa dei cittadini, i quali non solo eleggono i loro consiglieri e sindaci o presidenti o borgomastri, ma da sé, senza intervento e tutela e comando di gente posta fuori del comune od a questo sovrapposta, se lo amministrano, se lo mandano in malora o lo fanno prosperare. L’auto-governo continua nel cantone, il quale é un vero stato, il quale da sé si fa le sue leggi, se le vota nel suo parlamento e le applica per mezzo dei propri consiglieri di stato, senza scopo di ottenere approvazioni da Berna; e Berna, ossia il governo federale, a sua volta, per le cose di sua competenza, ha un parlamento per deliberare le leggi sue proprie ed un Consiglio Federale per applicarle ed amministrarle”.
Cito Einaudi, in questo ultimo appello alle cittadine e ai cittadini elettori, ma cito anche due celebri frasi di Che Guevara, a costo di essere accusato di eresia: “Chi lotta può perdere. Chi non lotta ha già perso… E se vale la pena di rischiare io mi gioco anche l’ultimo frammento di cuore”.
Rocco Cattaneo
Candidato al Consiglio Nazionale e Presidente PLRT