Aiutare le persone ad aiutarsi
Nella “Giornata svizzera del malato”, tradizionalmente celebrata in Svizzera la prima domenica di
marzo, le persone malate, anziane o disabili sono al centro dell’attenzione, e con loro assistenti,
medici e terapisti/terapiste che contribuiscono alla guarigione e al loro benessere. Rendiamo
omaggio a tutto questo personale per le responsabilità che assume nel lavoro quotidiano.
“Guarire, recuperare la salute” è l’obiettivo di ogni arte medica. Ma la vita impone dei limiti a tutte
le possibilità mediche, per quanto prodigiose. Ogni fase della vita ha le sue sfide ed è legata a un
nuovo inizio e a un riorientamento. Che ne è della nostra “cura”, quando la diagnosi medica marca
“incurabile”? Come reagiamo a un accidente che vanifica tutti i nostri piani per il futuro? Dipen-
diamo dai nostri simili che condividono queste sfide. Ecco perché, in occasione della Giornata sviz-
zera del malato, pensiamo anche a tutti i familiari, amici e conoscenti che, spesso inconsapevol-
mente, forniscono sostegno e assistenza con immutata fedeltà.
La Chiesa cattolica celebra quest’anno un cosiddetto “Anno Santo” e ci invita a diventare “pellegrini
della speranza”. La Parola di Dio ci accompagna in questo cammino e, attraverso San Paolo, ci offre
un messaggio molto incoraggiante, “la speranza che non delude” (cf. Rm 5,5). Tale speranza ci
irrobustisce nei momenti di difficoltà. Sono parole di reale consolazione. Ma come possiamo rima-
nere forti quando siamo colpiti da malattie gravi e invalidanti? O come farlo quando, oltre alla
nostra sofferenza, vediamo quella di chi ci ama e si sente impotente nonostante la vicinanza? In tali
situazioni avvertiamo il bisogno d’un sostegno più grande di noi: ci occorre l’aiuto di Dio, della Sua
forza e tangibile presenza. Gesù invia i suoi discepoli (cfr. Lc 10,1-9) e li incarica di dire ai malati: “Il
regno di Dio è vicino”. Li aiuta a riconoscere anche la malattia dolorosa come un’opportunità di
incontro con Lui. Questa promessa di Gesù aiuta i malati a scoprire nella fede una forza che li
sostiene nei momenti difficili e di sofferenza. I discepoli inviati da Gesù diventano messaggeri di
questa speranza, che si fonda sulla croce e sulla risurrezione di Gesù. È l’áncora che, al di là della
sofferenza e della morte, promette la pienezza di vita.
Il motto della Giornata svizzera del malato è “Aiutare le persone ad aiutarsi”.
Come possiamo, “pellegrini della speranza”, diventare compagni di viaggio di chi è malato, aiutan-
dolo a prendere in mano la propria vita?
Ogni malattia, e in particolare ogni malattia grave o menomazione duratura, persino il transito
verso la morte, può essere partenza. Partenza che mi invita a lasciarmi alle spalle ciò che mi è
familiare e ad accettare ciò che è insolito e spesso indesiderato.
Aiutare ad aiutarsi significa accompagnare la persona in questo percorso; accompagnarne il cam-
mino, spesso doloroso; ascoltarla, parlarle, mostrarle affetto. Posso cercare di tener conto di ciò
che aiuta a migliorare la qualità della vita e, in definitiva, a rafforzare la speranza cristiana di una
vita alla presenza di Dio.
Ci sono state date tante immagini e parabole in cui Dio è descritto come se volesse la nostra vita,
una vita in abbondanza. Guardare all’azione misericordiosa di Dio ci aiuta a essere misericordiosi
con la nostra stessa vita. Non dobbiamo guadagnare o comprare l’amore di Dio sacrificandoci. Ciò
che conta per Gesù è che noi esseri umani sperimentiamo la bontà di Dio. Egli vuole che siamo
buoni con noi stessi. Nella malattia, ogni cura che diamo agli altri rafforza la nostra fiducia nella
presenza e nella fedeltà di Dio.
“Aiutare ad aiutarsi” è quindi anche un modo per aiutare ad accettarsi e a riconciliarsi con sé stessi.
L’accettazione di sé significa vedere ciò che in me è infelice, solitario, abbandonato o fallito: tutto
ciò che in fondo preferirei non vedere.
Uno sguardo riconciliato al proprio passato è al tempo stesso rasserenante e liberatorio. E, forse,
una preghiera che giace sopita nel cuore può riaffiorare e rassicurare di fronte alla malattia. Penso,
ad esempio, alla preghiera di San Nicola di Flüe:
“Mio Signore e mio Dio, togli da me tutto ciò che mi allontana da Te. Mio Signore e mio Dio, dammi
tutto ciò che mi conduce a Te. Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a Te”.
Aiutare ad aiutare noi stessi potrebbe essere proprio un modo per aprirci, con tutto il nostro ba-
gaglio di vita, a Dio, a quel Dio che è solidale con noi e ha un cuore per noi. Così, proprio così
possiamo vivere.
Friburgo e San Gallo, 2 marzo 2025
Per i vescovi e gli abati territoriali della Svizzera
Markus Büchel
Vescovo di San Gallo