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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Eccoci entrati nel mese di febbraio e questa mattina una buona parte del Ticino, si è svegliata con un cielo biancastro che però non ci dissuade dal fare due passi all’aperto in attesa che il sole si faccia spazio.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia questa settimana si occupa di commercio internazionale. Prima di dedicarci all’attualità, facciamo però un salto indietro nel tempo. I primi economisti a parlare di commercio furono Adam Smith e David Ricardo, tra il XVIII e il XIX secolo. Smith, considerato il padre dell’economia politica, spiegò che la divisione del lavoro è la chiave per aumentare la produttività. Nel famoso esempio della fabbrica di spilli, dimostrò che se ogni operaio si occupa solo di alcune fasi della produzione, dieci lavoratori possono produrre fino a 50’000 spilli al giorno, ovvero 5’000 a testa. Se invece ogni operaio dovesse fare tutto da solo, ne produrrebbe solo 10 al giorno. Quindi, la produzione aumenta di 5’000 volte e la produttività di 500 volte. Più produzione significa più vendite e più guadagni e quindi maggior benessere per una nazione. Ma per vendere di più servono mercati più grandi, quindi era necessario eliminare le barriere al commercio, cosa che i mercantilisti (gli economisti prima di Smith) non volevano fare. David Ricardo, con la teoria dei costi comparati, dimostrò che anche se un paese fosse il migliore a produrre tutti i beni, sarebbe comunque più conveniente specializzarsi in uno solo. Questo perché il commercio permette di ottenere beni dall’estero a un costo inferiore rispetto a produrli in casa. In altre parole, conviene concentrarsi su ciò che si sa fare meglio. Anche se l’economia è cambiata molto, le idee di Smith e Ricardo restano ancora oggi fondamentali.
E arriviamo all’attualità. Poche ore fa, il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato un provvedimento che introduce, a partire da martedì 4 febbraio, nuovi dazi contro Canada, Messico e Cina. Nel caso di Canada e Messico, la misura (dazi che vanno dal 10% del petrolio al 25% su altri beni) sembra più motivata da ragioni politiche che economiche. Secondo Trump, infatti, questi due paesi sarebbero colpevoli di favorire quella che lui stesso ha definito un’“invasione illegale di migranti e fentanyl”. Sul tema dell’immigrazione, Trump ha sempre mantenuto una posizione rigida e, nei suoi primi giorni in carica, ha già avviato una politica di rimpatri più severa. Il fentanyl, invece, è un oppioide sintetico, con un effetto analgesico e tossico 100 volte più potente della morfina. Sebbene non vi siano dati ufficiali sulle morti causate da questa droga, alcune stime indicano circa 35 mila decessi nel 2021, con un possibile aumento fino a oltre 60 mila quest’anno. Si tratta di una piaga grave per gli Stati Uniti, ma non è certo che i dazi possano realmente arginare il problema. Le reazioni non si sono fatte attendere. Il premier canadese dimissionario, Justin Trudeau, ha annunciato una ritorsione “immediata e forte”. Anche la presidente messicana Claudia Sheinbaum ha incaricato il segretario dell’economia di presentare una risposta a questa offensiva.
Diverso il discorso con la Cina. Le tensioni commerciali e l’applicazione dei dazi risalgono già al primo mandato di Trump, quando nel 2018 furono introdotti su acciaio e alluminio. In questo caso, il conflitto non è tanto politico quanto economico. Sotto la presidenza Biden, i dazi sono stati ampliati e hanno colpito anche il settore tecnologico. Ed è proprio qui che si gioca la sfida più importante tra le due superpotenze. L’ultimo colpo è arrivato dalla Cina con il lancio di DeepSeek, un’intelligenza artificiale sviluppata a costi molto più bassi rispetto a quelle americane (solo 5,6 milioni di dollari contro i miliardi investiti, ad esempio, per ChatGPT) e disponibile gratuitamente. L’annuncio ha avuto un impatto immediato sui mercati azionari statunitensi ed europei, facendo crollare il valore delle aziende tecnologiche. Per quanto ci concerne dubitiamo fortemente che i dazi americani e la censura già avviata in alcuni Paesi europei basteranno a frenare l’innovazione nell’intelligenza artificiale che porterà benefici, sia in termini di costo, che di accessibilità e di qualità.
Infine, chiudiamo con il nostro articolo settimanale pubblicato da L’Osservatore che ringraziamo. In “L’economia europea arranca tra stagnazione e ricatti” mettiamo in evidenza le difficoltà che sta affrontando l’Unione Europea sia dal punto di vista economico, con tassi di crescita del prodotto interno lordo oramai quasi stagnanti, sia da quello politico. L’assenza di una vera leadership fa sì che la partita del progresso si giochi tra Stati Uniti e Cina, mentre noi rimaniamo spettatori a bordo campo.
Trovate qui gli articoli della settimana
L’economia europea arranca tra stagnazione e ricatti
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Jaguar: nuovo inizio o inizio della fine?
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante