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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Domani ricorrerà un anno dal terribile attacco terroristico perpetrato ai danni di Israele. Oltre 1’200 persone, uomini, donne e bambini, sono state aggredite, violentate, torturate e assassinate. Novantasette ancora gli ostaggi nelle mani di Hamas. La nostra massima solidarietà e vicinanza.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia comincia con Ia notizia che i paesi dell’Unione Europea confermano di voler aumentare i dazi sulle automobili elettriche importate dalla Cina. La Svizzera ha visto bene di comunicare che non applicherà questi dazi. Già gli Stati Uniti nel maggio di quest’anno avevano preso una decisione simile anche a batterie, semiconduttori, pannelli solari e altre componenti simili. La scusa invocata in entrambi i casi è che la Cina sosterrebbe con delle sovvenzioni e dei sussidi la sua industria così da poter vendere le automobili elettriche ad un prezzo estremamente vantaggioso. Non escludiamo che ciò accada, ma è esattamente lo stesso meccanismo che mettono in atto tutti i paesi quando decidono di indirizzare il mercato verso beni e servizi che la politica vuole sostenere. Nel 2022 il presidente Joe Biden ha approvato un enorme piano di finanziamenti agli investimenti nelle energie pulite (Inflation Reduction Act). La stessa cosa la fanno i paesi dell’Unione Europea quando offrono incentivi per l’acquisto di determinati beni o ancora sussidi per i produttori di energia rinnovabile. Quello che ci stupisce quindi è un po’ una doppia morale: quando è la Cina a sostenere i suoi produttori l’Unione Europea e gli Stati Uniti parlano di concorrenza sleale, quando lo fanno loro diventano incentivi verso la transazione ecologica. La verità è che il libero mercato piace solo fintantoché se ne esce vincitori.
E chi non sta sicuramente vincendo sono i produttori di automobili. Abbiamo già parlato della grave crisi che sta attraversando Volkswagen, sintomatica anche della grave crisi che sta affrontando la Germania e dalla quale purtroppo non pare uscirà a breve. Ma non è la sola. In queste settimane le notizie negative di Stellantis si susseguono. Stellantis è il gruppo multinazionale nato nel 2021 dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles (FCA) e Peugeot S. A. (Groupe PSA) che oggi conta 14 marchi automobilistici, tra cui Fiat, Alfa Romeo, Maserati, Jeep, Peugeot, Citroën. Quando è stata fondato, questo gruppo era il quarto produttore di automobili al mondo, con più di 8 milioni di auto vendute. Oggi le cose non stanno andando più così e negli ultimi mesi la quota di mercato continua a scendere, sia in Europa che nel mondo. Nel 2020 il gruppo deteneva il 20.2% del mercato europeo, mentre nei primi otto mesi di quest’anno la quota è scesa al 16.2% (in Italia si è passati dal 38.9% al 30.5%). Guardando i dati delle produzioni di alcuni stabilimenti italiani, la situazione appare ancora più drammatica: nello stabilimento storico di Mirafiori fino al mese di settembre di quest’anno sono state prodotte 18’500 automobili, l’83% in meno dello stesso periodo del 2023, quando ne erano state prodotte 52’000. A tutto questo si aggiunge la grave crisi e la mancanza di ordini delle auto elettriche che aveva già spinto Stellantis a bloccare la produzione della Fiat 500e dapprima fino al 14 ottobre, ora prolungata fino al 1° novembre. Tutto questo ha portato a gravi ripercussioni anche sull’andamento del titolo in borsa nonché a forti tensioni dei sindacati che vedono a rischio migliaia di posti di lavoro. Come se non bastasse, l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, si è ritrovato persino da solo contro l’associazione dei costruttori Europea (Acea) che ha deciso di scrivere alla presidente della commissione europea Ursula von der Leyen invitandola a fare un passo indietro rispetto alla normativa che obbligherebbe i produttori di automobili a vendere nel 2025 una quota di auto elettrica più che doppia rispetto a quella di quest’anno. Tavares, da parte sua ha confermato il suo appoggio a questa norma, al contrario di tutti gli altri costruttori.
E parliamo invece di un produttore di automobili a cui le cose sono decisamente andate meglio, Elon Musk che secondo il Bloomberg Billionaires Index, si conferma ancora l’uomo più ricco del mondo con 263 miliardi di dollari (225 miliardi CHF, più di un quarto del Prodotto interno lordo svizzero). Al secondo posto, troviamo Mark Zuckerberg amministratore delegato di Meta (casa madre di Facebook) con 211 miliardi di dollari (circa 180 miliardi di franchi) e al terzo Jeff Bezos fondatore di Amazon con “soli” 209 miliardi di dollari. La classifica prende in considerazione le 500 persone più ricche al mondo. L’indicatore calcola il patrimonio netto e fornisce un’analisi dettagliata di come viene calcolata la ricchezza. L’indicatore è dinamico visto che viene aggiornato tutti i giorni dopo la chiusura della borsa di New York. Per ogni componente del patrimonio viene specificata dettagliatamente la maniera in cui si calcola il valore. Ad esempio, le azioni vengono riportate in base al prezzo di chiusura e convertite in dollari statunitensi secondo il cambio. Mentre le partecipazioni, la liquidità, i prestiti, gli immobili e tutto quanto compone il patrimonio sono calcolati in maniera differente, ma sempre esplicitati in modo trasparente. Alcune curiosità. Tra i primi 10 più ricchi del mondo ci sono nove americani e un francese, Bernard Arnault che è il proprietario di LVMH, conglomerato di beni di lusso che ha oltre 70 marchi (Dior, bulgari, Louis Vuitton, Moët & Chandon, …). La nazione più rappresentata con quasi 200 miliardari sono gli Stati Uniti. La Svizzera conta in questa graduatoria nove persone, la prima al 65º posto ed è Ernesto Bertarelli, imprenditore che ha differenziato in molti rami le sue attività (è anche il patron di Alinghi) seguito da Gianluigi Aponte al 69° posto, imprenditore e armatore, fondatore di MSC. I settori che sembrano garantire maggiori possibilità di diventare miliardari sono quelli della tecnologia e della finanza… per cui, sapete su cosa puntare se vorrete entrare in questa classifica.
Chiudiamo con il nostro articolo settimanale “La fine delle auto elettriche e le mille contraddizioni dell’Unione Europea” in cui oltre a parlare della crisi del mercato delle automobili elettriche discutiamo dell’incoerenza dell’Unione Europea nel non voler accettare clausole di protezione del mercato del lavoro svizzero nelle trattative sui nuovi accordi bilaterali. Come dicevamo poc’anzi, ancora una volta l’Unione Europea non accetta che anche gli altri proteggano la loro economia.
Trovate qui gli articoli della settimana
La fine delle auto elettriche e le mille contraddizioni dell’Unione Europea
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Finanziamento dei sistemi previdenziali: dalle urne un invito a trovare nuovi modelli
Previsioni economiche Svizzera: bene, ma non benissimo…
II pilastro: basta un poco di zucchero la pillola va giù?
Riduzione dei tassi d’interesse all’orizzonte in autunno
Taylor Swift impedisce la riduzione dei tassi di interesse?
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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La fine delle auto elettriche e le mille contraddizioni dell’Unione Europea
Finanziamento dei sistemi previdenziali: dalle urne un invito a trovare nuovi modelli
Previsioni economiche Svizzera: bene, ma non benissimo…
Capire la riforma del II pilastro in pochi minuti (sotto all’articolo)
Come si è arrivati a questa riforma (sotto all’articolo)
Riduzione dei tassi d’interesse all’orizzonte in autunno
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante