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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Chissà che tra i nostri lettori e le nostre lettrici non c’è qualcuno che questa mattina ha già visto la neve? E già, perché ancora una volta la meteorologia ci stupisce… Dove invece non dovrebbe nevicare è tra Bellinzona e Giubiasco, luogo in cui oggi si svolgerà la manifestazione “Strada in festa” e dove potreste incontrami per un saluto tra un po’…
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia comincia con uno sguardo internazionale. Come ampiamente previsto la Banca centrale europea (BCE) ha deciso di ridurre il tasso di riferimento sui depositi di 0.25 punti percentuali portandolo al 3.5% (quello sulle operazioni di rifinanziamento principali al 3.65% e quello sulle marginali al 3.9%). Durante la conferenza stampa la presidente Christine Lagarde si è detta assolutamente determinata a riportare il tasso di inflazione al 2% dichiarando che ad oggi non vi è “nessun percorso prestabilito di riduzione dei tassi”. Ciò implica che non è detto che la prossima decisione sarà quella di attuare un’ulteriore riduzione. Ricordiamo che la crescita dei prezzi al consumo nell’Eurozona nel mese di agosto è stata del 2.2%; quella statunitense è ancora un po’ più elevata e si situa al 2.8%. Durante l’incontro la Presidente ha altresì sottolineato che la decisione sull’entità del taglio dei tassi di interesse è stata presa all’unanimità, probabilmente cercando di anticipare le critiche che, immaginava, sarebbero arrivate. E le critiche sono puntualmente giunte. L’Italia, forse facendosi anche interprete dell’opinione di più paesi, ha parlato di mancanza di coraggio attribuendo tra le righe proprio alle decisioni della BCE la causa della crisi e della crescita stagnante in Europa. Queste dichiarazioni ci fanno un po’ sorridere anche perché sappiamo, e lo abbiamo detto più volte, che l’economia è un sistema estremamente complesso e non basta modificare una variabile affinché tutto vada bene. D’altra parte, se fosse così semplice, perché le autorità non lo farebbero?
E dove ci sarà tanto da fare nei prossimi mesi e anni è nel settore delle automobili. Proprio nei giorni in cui si sta svolgendo il salone dell’auto a Torino con una formula rivisitata, Stellantis (che è il gruppo nato dalla fusione tra l’azienda francese Psa -ex Peugeot-Citröen- e quella italo-statunitense Fca – Fiat e Chrysler) ha annunciato l’interruzione della produzione della Fiat 500 elettrica. Questo ha comportato la chiusura fino a metà ottobre dello storico stabilimento di produzione Mirafiori di Torino e la messa in cassa integrazione dei suoi collaboratori. Le cose non vanno meglio in Germania dove sempre pochi giorni fa Volkswagen ha annunciato la possibile chiusura di diverse fabbriche sul territorio nazionale. Un annuncio del genere non era mai avvenuto negli 87 anni di vita di questa azienda. Volkswagen ha 683 mila dipendenti nel mondo e di questi quasi 300 mila sono in Germania. Fino ad oggi la situazione con i sindacati è stata piuttosto pacifica nel senso che in cambio della rinuncia ad aumenti salariali i lavoratori si erano visti garantiti il mantenimento degli impieghi fino al 2029. Ora l’azienda ha rescisso alcuni accordi sindacali e questo le consentirebbe di fare dei licenziamenti nel 2025. Da parte sua Volkswagen ha detto di aver fatto tutto il possibile in termini di organizzazione dell’azienda, ma ciò non basta: è necessario agire fortemente sui costi che non sono competitivi rispetto alle produzioni cinesi. In risposta a questa crisi il governo tedesco parrebbe voler fare marcia indietro rispetto all’abolizione dei sussidi sulle auto elettriche decisa qualche mese fa. Ancora una volta, da parte nostra sottolineiamo come questo genere di manovre possano dare una boccata di ossigeno momentanea, ma le conseguenze di questo “doping” del mercato potrebbero essere ancora più gravi di quelle attuali.
E continuiamo con la Cina, Cina che non può sottrarsi alla crisi demografica e alle sue conseguenze. Qualche giorno fa il governo cinese ha annunciato modifiche al sistema pensionistico, che non subiva riforme dal 1978. Nei prossimi anni gli uomini andranno in pensione solo a 63 anni, mentre le donne a 55 o 58 in base al lavoro che svolgono. Fino ad oggi l’età era rispettivamente di 60 anni e 50 o 55. In aggiunta, il governo ha dichiarato che sarà necessario avere almeno 20 anni di lavoro, anziché 15 come finora. L’età pensionabile cinese risultava di gran lunga inferiore a quelle delle principali economie: per esempio, l’età pensionabile media nel 2022 dei paesi facenti parte dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo (OCSE) era di 63,6 anni per le donne e 64,4 anni per gli uomini. Ricordiamo che di recente la Svizzera ha innalzato l’età pensionabile per le donne portandola a 65 anni come gli uomini. Nonostante la Cina abbia posto fine nel 2016 alla politica del figlio unico introdotta nel 1979 e che impediva di avere più di un figlio, negli ultimi due anni la popolazione cinese è diminuita. Nel 2023 ha addirittura registrato il tasso di natalità più basso della nascita della Cina comunista (1949). A questo si aggiunge l’aumento dell’aspettativa di vita e anche una crisi economica che non sembra ancora essersi ripresa dalla forte contrazione del mercato immobiliare (ne abbiamo parlato più volte). Tutte queste ragioni hanno portato il governo cinese a prendere l’unica decisione attuabile per garantire la tenuta del sistema pensionistico almeno nel breve periodo.
Ma questo problema tocca tutti i paesi. Anche la Svizzera non può esimersi di affrontare questo tema, tant’è vero che la prossima settimana conosceremo l’esito della votazione sulla riforma del secondo pilastro. In “II pilastro: basta un poco di zucchero la pillola va giù?” abbiamo analizzato i principali punti in votazione ed espresso alcuni dubbi in merito a questa nuova riforma. Troverete qui anche un video esplicativo sul tema.
Trovate qui gli articoli della settimana
II pilastro: basta un poco di zucchero la pillola va giù?
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
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La Banca Nazionale abbassa i tassi di interesse, ma…
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Capire la riforma del II pilastro in pochi minuti (sotto all’articolo)
Come si è arrivati a questa riforma (sotto all’articolo)
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In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante