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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Con la pioggia è tornata anche… l’Economia con Amalia! Ci auguriamo che tutti voi abbiate passato un’estate serena e che siate pronti a vivere insieme a noi questo autunno economico!
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia si occupa questa settimana dell’importanza dei consumatori e del potere, spesso sottovalutato, che hanno in economia. General Motors, Ford, Volkswagen, Volvo, e poche ore fa, Toyota hanno deciso di ridurre drasticamente la produzione di automobili elettriche. In aggiunta, hanno anche posticipato l’abbandono di quelle a combustione. Questi ripensamenti nella loro strategia dipendono dal mercato. Spesso le nostre autorità e i nostri governi si dimenticano che fortunatamente nelle nostre economie miste sono i cittadini a scegliere liberamente che cosa comperare e di conseguenza a determinare il successo o meno delle aziende. Ma facciamo un passo indietro. Nel 2022 il parlamento europeo inizia a parlare di divieto di immatricolare di nuovi veicoli a combustibili fossili a partire dal 2035. Nonostante l’opposizione di alcuni paesi, soprattutto in relazione all’assenza dell’uso di biocarburanti, l’Unione Europea procede in questa direzione a passo spedito. Sull’entusiasmo dettato dal momento storico molti paesi attraverso ingenti sussidi cercano di spingere i consumatori verso le automobili elettriche. Anche la maggioranza delle case automobilistiche pensa di abbandonare la produzione di veicoli a combustione e comunica questa strategia, confidando in un vero e proprio cambiamento nei gusti dei consumatori. Tutto sembra tenere fino a un annetto fa, quando sono iniziati i primi campanelli d’allarme. Molti paesi europei a causa delle difficoltà di bilancio hanno dovuto tagliare i sussidi, fatto che ha inciso notevolmente sull’acquisto di questi veicoli. In contemporanea, le difficoltà legate all’approvvigionamento energetico e l’aumento del prezzo dell’elettricità non hanno giovato a questo mercato. Ma non finisce qui. La smania di protezionismo dell’Unione Europea ha dato il colpo di grazia quando nel luglio di quest’anno ha deciso di imporre dazi di circa il 40% sulle auto elettriche importate dalla Cina. L’illusione era che i cittadini europei avrebbero sostituito i veicoli cinesi con i veicoli europei. Cosa che non sta accadendo. Insomma, la tempesta perfetta. Una domanda gonfiata dai sussidi che poi sono venuti a mancare, un’offerta di energia elettrica non sufficiente e non conveniente e infine l’idea illusoria che la domanda di auto elettriche fosse indipendente dal prezzo.
Esattamente quello che sta succedendo nel campo dell’energia nucleare, tema questo che abbiamo affrontato più volte nelle nostre newsletter. È notizia di qualche settimana fa che il Consiglio Federale sta rivedendo la sua strategia rispetto alla produzione nucleare. L’idea è quella di cancellare il divieto costituzionale adottato nel 2017 di costruire nuove centrali nucleari e di smantellare quelle esistenti. Le riflessioni dell’esecutivo si fondano su considerazioni molto concrete. La prima è che la domanda energetica aumenta e se si vuole mantenere l’obiettivo di azzerare il saldo netto delle emissioni di gas serra entro il 2050, l’energia rinnovabile non è da sola sufficiente. Per inciso, dobbiamo anche dire che alcuni progetti di costruzione di parchi eolici sono stati respinti in votazione popolare a causa probabilmente del deturpamento che avrebbero causato al territorio. La seconda considerazione, forse ancora più rilevante, è che il progresso tecnologico (che da millenni salva l’individuo e garantisce l’evoluzione) ha fatto e sta facendo passi da giganti anche in questo ambito. Non siamo esperti del campo, ma leggiamo di trasmutazione nucleare (che consente di ridurre il volume di scorie radioattive), di reattori nucleari modulari di piccole medie dimensioni, di reattori nucleari di quarta generazione come pure di reattori basati sulla fusione nucleare. I principali paesi del mondo stanno andando in questa direzione. Persino in Italia, paese in cui il nucleare fu abolito nel 1987, si prevede di ripensare i divieti in questo ambito. Proprio in questi giorni è stato presentato uno studio che metterebbe in evidenza l’impatto economico per il paese in termini di valore aggiunto, di occupati, di garanzia di approvvigionamento e di raggiungimento degli obiettivi ambientali. Naturalmente, gli studi vanno sempre letti con occhi critici.
E chi ha dovuto fare autocritica è stata la casa motociclistica statunitense Harley Davidson. Qualche settimana fa l’azienda è stata oggetto di un video molto critico di Robby Starbuck, influencer che ha oltre un milione di follower. La sua presa di posizione è stata talmente incisiva da portare i responsabili di Harley Davidson a fare retromarcia rispetto alle loro strategie di Diversity, Equality and Inclusion (DEI, diversità, uguaglianza e inclusione) messe in atto negli ultimi anni. In sostanza Starbuck accusava l’azienda di aver anteposto “l’educazione” di tipo Woke ai propri collaboratori, fornitori e clienti al suo obiettivo aziendale, ossia fabbricare motociclette in linea con i desideri degli acquirenti (cultura Woke: all’inizio con questo termine si intendeva un atteggiamento attento alle tematiche sociali e rispettoso della diversità, mentre oggi ha assunto una connotazione più negativa ed estremista tesa a cancellare qualunque tradizione o consuetudine non in linea con una cultura LGBTQ+ e mirata a cancellare qualunque idea tradizionalista o conservatrice, ad esempio l’esistenza dei sessi biologici.) La reazione dei motociclisti è stata talmente forte da indurre i responsabili a fare un passo indietro dichiarando “Ci concentreremo esclusivamente nella crescita del motociclismo sportivo e consolidando la nostra fedele comunità di motociclisti”. Harley Davidson comunque non è l’unica azienda che ha ridotto i programmi di “inclusione a tutti i costi”, tra queste anche Nike, Amazon, Meta, Google, Budweiser e Jack Daniel’s. Nel corso degli anni in effetti ci si è resi conto che la diversità, l’uguaglianza e l’inclusione sono carte vincenti per le aziende fintantoché le stesse non si spingono a volerne fare una missione ideologica. In America si dice “go woke, go broke” (diventa woke, fallisci); detto che pare aver preso in considerazione anche la vicepresidente Kamale Harris che ultimamente mostra una certa prudenza su questi temi.
E chiudiamo con l’articolo della settimana, pubblicato da L’Osservatore, che ringraziamo: “Riduzione dei tassi d’interesse all’orizzonte in autunno”. Nel nostro articolo spieghiamo perché la riduzione dei tassi di interesse da parte delle Banche Centrali appare una decisione pressoché scontata.
Trovate qui gli articoli della settimana
Riduzione dei tassi d’interesse all’orizzonte in autunno
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
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120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante