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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Nonostante questa domenica porti con sé un sole meraviglioso in tutto il cantone dobbiamo purtroppo cominciare con la drammatica notizia che l’Iran questa notte ha attaccato con centinaia di droni e missili Israele. Fortunatamente la maggioranza degli ordigni è stata intercettata e questo ha fatto sì che si potesse contenere il numero dei feriti. Sappiamo che potrebbe esserci una risposta israeliana molto dura come anche un allargamento del conflitto. Purtroppo le tensioni e le incertezze a livello internazionale continuano a crescere.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia comincia dando uno sguardo alla situazione economica internazionale e in particolare a quanto sta accadendo ai prezzi. In generale, i dati pubblicati questa settimana non mostrano grandi variazioni, anche se dobbiamo segnalare differenze tra i paesi. Negli Stati Uniti l’indice dei prezzi al consumo su base mensile è rimasto stabile (+0.4% come il mese precedente), ma in aumento su base annua. Nel mese di febbraio i prezzi erano saliti del +3.2% rispetto all’anno prima, mentre in marzo il dato mostra un incremento del +3.5%. Nulla di ancora preoccupante, tuttavia questo potrebbe spingere la FED (Federal Reserve, Banca centrale degli Stati Uniti) a mantenere i tassi di interesse invariati e quindi a non effettuare alcuna riduzione, esattamente come deciso dalla Banca Centrale Europea (ricordiamo che per il momento solo la Banca nazionale Svizzera ha ridotto i tassi). Anche in Europa qualcuno ha segnato un un’accelerazione dei prezzi. In Spagna l’aumento è stato rispettivamente dello +0.8% su base mensile e del +3.2% su base annuale (i dati di febbraio erano rispettivamente +0.4% e +2.8%). Chi invece va in controtendenza sono la Francia e la Germania. Nel primo caso parliamo di un aumento di +0.2% su base mensile e +2.3% annuale (nel mese precedente i dati erano 0.9% e 3%), mentre la Germania segna un’inflazione al 2.2% mensile e allo 0.4% su base annuale.
E proprio la Germania sembra mostrare un miglioramento economico. In effetti, dopo che la produzione industriale ha registrato un aumento dell’1.3% nel mese di gennaio, in quello di febbraio l’incremento è stato ancora più alto toccando il 2.1%. Le previsioni degli economisti erano decisamente più contenute e parlavano di una crescita solo dello 0.6%. Anche rispetto all’anno scorso sembra che le cose stiano piano, piano migliorando: il calo registrato della produzione industriale nel mese di gennaio era del -5% rispetto al gennaio del 2023; in febbraio la riduzione è stata leggermente più contenuta (-4.8%). È ancora presto per dire che la crisi tedesca è passata, anche perché adattare la propria struttura produttiva e sviluppare i settori economici del futuro, richiede tempo. Non dimentichiamo che la Germania è stata per decenni la locomotiva d’Europa principalmente grazie alla sua industria pesante e in particolare a quella dell’acciaio. Oggi il mondo è cambiato. Pensiamo alle automobili. Oggi le automobili necessitano sì di acciaio e di meccanica, ma le componenti più importanti sono quelle elettroniche. In questo la Germania, come pure l’Europa in generale, purtroppo appare in grande ritardo e difficoltà rispetto agli Stati Uniti e alla Cina.
Infine parliamo della Repubblica dello Zimbabwe, un paese a noi lontano e poco conosciuto. Questa nazione si trova nell’Africa meridionale e conta circa 16 milioni di abitanti. La situazione economica di questo paese è molto delicata da decenni anche a causa dell’instabilità politica che spesso porta al potere presidenti poco democratici e dittatoriali. Lo Zimbabwe soffre da decenni di una grandissima inflazione, stimata oggi intorno al 47% su base annua. Il governo ha annunciato di recente di voler introdurre una nuova moneta, la sesta dal 2008. Questo continuo cambio di monete è la conseguenza di una cura sbagliata. Non si guarisce dall’iperinflazione cercando di rispondere all’aumento dei prezzi stampando nuovamente moneta. Anzi. Così facendo creiamo una sorta di moneta vuota, priva di un reale potere d’acquisto, che però aumenta ulteriormente la domanda dei beni e quindi a sua volta causa ancora più inflazione. Il dollaro dello Zimbabwe che è la moneta attuale, era stata introdotta nel 2019; nel 2024 ha perso tre quarti del suo valore rispetto al dollaro statunitense. Oggi ci vogliono sul cambio ufficiale 26’000 dollari dello Zimbabwe per avere 1 dollaro statunitense. La nuova moneta, invece sarà ancorata all’oro. Per chi conosce un po’ di storia economica torniamo indietro nel tempo al gold standard. Questo sistema era in vigore fino alla prima guerra mondiale e si basava sul fatto che le banche centrali dovevano garantire la convertibilità delle monete in oro. Questo sistema è stato abbandonato perché la quantità di moneta in circolazione era talmente tanta da non poter più essere scambiata con l’oro. Ma torniamo allo Zimbabwe. Gli esperti sono abbastanza scettici su questo tentativo perché il paese non ha particolari riserve d’oro. Si stima che siano solo 3 tonnellate. Dato il valore attuale dell’oro attorno ai 79 mila dollari statunitensi al chilo (circa 72 mila CHF) questo consentirebbe di stampare moneta per coprire solo le spese di un mese per le importazioni del Paese. Ancora una volta prendiamo atto di quanto sia difficile risolvere gravi problemi economici come l’iperinflazione e di come le soluzioni sempliciste non siano possibili.
E infine chiudiamo con il nostro articolo della settimana. In “Ticino: sempre più poveri e infelici” abbiamo commentato gli ultimi dati pubblicati dall’Ufficio Federale della statistica. Questi confermano ancora una volta il triste primato per il nostro Cantone per quanto concerne il tasso di povertà, il rischio di povertà e la povertà delle persone che lavorano. A tutto questo si aggiunge un’infelicità crescente.
Trovate qui gli articoli della settimana
Ticino: sempre più poveri e infelici
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Salari in Ticino: tutti giù per terra
Pensiamo ad una nuova AVS
Ticino terra di bassi salari… per sempre?
Ci sono i disoccupati in Ticino? Sì, no, forse…
Prezzi che salgono e prezzi che scendono…
Svizzera: le macchine non ci ruberanno il lavoro
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Ticino: sempre più poveri e infelici
Salari in Ticino: tutti giù per terra
Pensiamo ad una nuova AVS
Ticino terra di bassi salari… per sempre?
Ci sono i disoccupati in Ticino? Sì, no, forse…
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante