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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Anche se è la pioggia persiste e magari saremmo voluto andare a far visita agli animali e vedere i trattori presenti alla Fiera di San Provino… Ma non demordiamo, da domani il tempo sarà più clemente e magari si potranno gustare le primizie locali cucinate sul posto durante la pausa pranzo.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia si occupa oggi di finanze pubbliche e in particolare di quelle italiane. Che l’inflazione gioca brutti scherzi lo sappiamo. Quello che magari non sapevamo è che può modificare radicalmente un indicatore economico. È quello che è successo con il rapporto tra il debito pubblico italiano e il suo prodotto interno lordo (PIL). Ricordiamo che questo indicatore era stato creato in occasione degli accordi di Maastricht ed era uno dei criteri per avere accesso all’Unione Europea. Il rapporto debito\PIL doveva essere al massimo il 60%. Teoricamente questo indicava che per sanare il debito pubblico si sarebbe dovuto versare il 60% della produzione annuale di una nazione. Pochissimi Stati sono riusciti nel tempo a mantenere questo indicatore al livello richiesto. Oggi in effetti, alla luce del fatto che questo parametro non solo non può essere mantenuto ma è troppo vincolante quando si tratta di dover affrontare crisi economiche e quindi applicare delle politiche fiscali espansive, la stessa Unione Europea sta rivedendo il famoso Patto di stabilità che lo definisce. Ricordiamo che nelle regole di buona gestione finanziaria l’UE si era data anche un massimo al rapporto tra il deficit e il prodotto interno lordo che doveva essere del 3%. Chi tra di noi è un po’ più in là con gli anni si ricorderà il continuo andirivieni dell’allora Presidente del governo Giuseppe Conte tra Roma e Bruxelles per farsi approvare i conti che non soddisfacevano i capi europei.
E rimaniamo a parlare di conti pubblici italiani. Proprio qualche giorno fa l’Istat che è l’Istituto di statistica nazionale italiano ha comunicato la splendida notizia che il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo nel 2023 è sceso al 137.3%. L’anno prima era al 140.5% e nel 2020 addirittura al 155.3%. Questo significa una discesa eccezionale di 18 punti percentuali in tre anni. Tutti noi a prima vista saremmo tentati di definire la gestione delle finanze pubbliche italiane come eccezionale. Purtroppo non è proprio andata così e a pesare è stata ancora una volta l’inflazione. In effetti, il dato che misura il prodotto interno lordo tiene conto dell’andamento dei prezzi. Nel caso italiano l’inflazione è stata molto alta l’anno scorso e quindi la crescita del PIL appare un po’ “dopata” e di ben il 6.2%. Questo fa sì che il numeratore cresca in maniera importante e di conseguenza il rapporto matematico scenda enormemente. In effetti, se togliamo l’inflazione, il PIL italiano in termini reali è aumentato “solo” dello 0.9%.
In aggiunta, un altro dato conferma che questa lettura sarebbe troppo ottimistica. Il rapporto deficit su Pil nel 2023 è stato di ben il -7. 2%. Evidentemente un dato ben superiore al 3% del trattato di Maastricht. Da una prima analisi apparirebbe che a pesare maggiormente su questo importante disavanzo in un momento di non particolare crisi economica sia stato il famoso Super Bonus 110 voluto dal governo Conte bis. Anche questo è un esempio di politica fiscale espansiva che tuttavia a nostro giudizio è stata troppo avventata. Il governo aveva deciso di sussidiare fino al 110% dei costi di molte opere di risanamento e ristrutturazione degli immobili. Naturalmente è stato un grande sostegno ai settori economici coinvolti, ma forse non si è valutato attentamente l’impatto sia sugli aumenti dei prezzi che sulle finanze pubbliche. Ricordiamo infine che secondo la teoria keynesiana l’economia va sostenuta nei momenti di difficoltà che dipendono da una mancanza di domanda aggregata, ma questo non significa tenere in vita artificialmente e per un breve periodo le aziende che non possono più vivere in un mercato che deve rimanere concorrenziale.
Chiudiamo la nostra settimana con l’intervista fatta da Il Federalista e ripresa da Liberatv che ringraziamo. Il tema purtroppo è un tema che rimane di grande attualità ed è quello del “Ticino terra di bassi salari… per sempre?”
Trovate qui gli articoli della settimana
Ticino terra di bassi salari… per sempre?
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Ci sono i disoccupati in Ticino? Sì, no, forse…
Prezzi che salgono e prezzi che scendono…
Svizzera: le macchine non ci ruberanno il lavoro
Non è ancora tempo di andar per mare
L’inflazione sta passando, ma le cose non vanno benissimo
Previsioni a tinte fosche per l’economia elvetica
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Ticino terra di bassi salari… per sempre?
Ci sono i disoccupati in Ticino? Sì, no, forse…
Prezzi che salgono e prezzi che scendono…
Svizzera: le macchine non ci ruberanno il lavoro
Non è ancora tempo di andar per mare
L’inflazione sta passando, ma le cose non vanno benissimo
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante