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Care amiche, cari amici, buona domenica!
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E ora tutti al carnevale di Bré per chiudere in bellezza questa manifestazione!
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia inizia guardando all’economia internazionale che purtroppo non ci dà delle ottime notizie. Gli ultimi dati pubblicati sul prodotto interno lordo (PIL) dicono che il Giappone è tecnicamente in recessione, questo perché nel quarto trimestre del 2023 (ottobre, novembre e dicembre) il PIL si è ridotto dello 0.1% rispetto al trimestre precedente e questo dopo che aveva già mostrato una diminuzione dello 0.8% tre mesi prima. In termini assoluti il PIL nominale 2023 del Giappone ha raggiunto i 4’200 miliardi di dollari (3’700 miliardi CHF, in paragone il PIL svizzero è di circa 780 miliardi) dato questo che porta la nazione al quarto posto dopo Stati Uniti, Cina e Germania. Ma le pessime notizie non finiscono qui; anche il Regno Unito ha mostrato nell’ultimo trimestre del 2023 una riduzione del PIL dello 0.3% che segue a quella precedente dello 0.1% e che quindi porta anche questa nazione in recessione. In questo caso gli analisti ritengono che la Banca centrale d’Inghilterra (BoE) potrebbe essere tentata di fare una fuga in avanti riducendo i tassi di interesse. Attenzione alle scelte avventate: l’economia ha bisogno di stabilità e invertire in questo momento una politica monetaria che ancora non per forza ha vinto la sua battaglia con l’inflazione potrebbe essere davvero pericoloso.
E di pericolo parliamo anche quando leggiamo dell’incapacità dei governi di giocare il proprio ruolo in ambito economico. In particolare ci riferiamo al fatto che molti governi paiono totalmente in balìa dei capricci delle grandi aziende. Così interpretiamo le dichiarazioni che invitano a politiche estremamente protezioniste per i paesi dell’Unione Europea. In particolare, questa settimana l’Italia ha affermato che è riuscita a convincere l’Unione Europea a rivedere un regolamento relativo agli incentivi sulle automobili affinché gli stessi siano indirizzati soprattutto sui veicoli che possono essere prodotti in Italia. La dichiarazione del ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, è ancora più preoccupante dal momento che ha collegato questa modifica alla richiesta esplicita (forse più minaccia) che avrebbe fatto Stellantis per continuare a investire in Italia. Ricordiamo che Stellantis è la holding nata dalla fusione di Fiat Chrysler Automobiles (FCA) con il gruppo PSA (Peugeot, Citroen, DS e Opel). Dopo decine di anni in cui Fiat ha beneficiato di milioni se non miliardi di aiuti dello Stato ora si permette il lusso di minacciare di spostare quella poca produzione italiana in Serbia. Ancora una volta la debolezza e l’incapacità dell’Unione Europea di avere una politica industriale solida emerge in tutta la sua gravità.
E anche nel settore della tutela ai rider (ai moderni fattorini) l’Europa mostra tutta la sua debolezza. Ancora pochi giorni fa, come accaduto nel mese di dicembre, i paesi membri non sono riusciti ad approvare una direttiva che permetteva di inquadrare i rider come dipendenti e non autonomi. L’Unione Europea con questa direttiva voleva evitare che i dipendenti delle grandi piattaforme come Uber o Deliveroo venissero privati di ogni diritto. Il buon senso ci spinge chiaramente a capire che questi moderni “ fattorini” non sono dei lavoratori indipendenti fosse anche perché gli individui hanno tutti le divise uguali, hanno degli orari di lavoro fissati e prestabiliti o semplicemente perché i loro risultati in termini di consegne sono monitorati. È evidente che sono dei dipendenti di qualcuno e questo qualcuno deve assumersi le sue responsabilità. Tra le altre cose questa direttiva andava anche a vietare che il licenziamento potesse essere deciso da una forma di intelligenza artificiale. Orbene, purtroppo, ancora una volta l’Unione Europea non è stata in grado di prendere una decisione coraggiosa e così Francia, Germania, Gracia ed Estonia con la loro astensione hanno reso impossibile la maggioranza qualificata necessaria a portare avanti questa riforma. E c’è chi in Svizzera vorrebbe avvicinarsi a questa entità politica che non riesce nemmeno a mettere ordine in una questione così di base.
E chiudiamo la settimana con il nostro articolo. In “Prezzi che salgono e prezzi che scendono…” abbiamo commentato l’andamento dell’inflazione in Svizzera guardando all’indice dei prezzi al consumo, ma anche a quello della produzione e dell’importazione. In aggiunta ci siamo interrogati sui cambiamenti avvenuti tra il 2023 e il 2024 nella composizione del carrello della spesa dello svizzero medio. Nulla di eclatante, ma alcune tendenze decisamente interessanti.
Trovate qui gli articoli della settimana
Prezzi che salgono e prezzi che scendono…
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Svizzera: le macchine non ci ruberanno il lavoro
Non è ancora tempo di andar per mare
L’inflazione sta passando, ma le cose non vanno benissimo
Previsioni a tinte fosche per l’economia elvetica
La Svizzera si oppone alla violenza di genere
Il Ticino sempre più un’economia sussidiata dallo Stato
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Prezzi che salgono e prezzi che scendono…
Svizzera: le macchine non ci ruberanno il lavoro
Non è ancora tempo di andar per mare
L’inflazione sta passando, ma le cose non vanno benissimo
Previsioni a tinte fosche per l’economia elvetica
La Svizzera si oppone alla violenza di genere
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
L’economia con Amalia by Amalia1978