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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Oggi dopo qualche giorno di pioggia il sole è tornato a splendere e ci invita a trascorrere una domenica all’aria aperta. Anche questo fine settimana sono tante le attività proposte nel Cantone Ticino. Vi auguriamo di trascorrere una buona giornata in compagnia dei vostri cari.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia comincia dando un’occhiata alle recenti decisioni della Banca centrale europea (BCE). Questa settimana la BCE ha deciso di aumentare nuovamente i tassi di interesse di 0.25 punti portando quello di riferimento al 4.5%. La presidente Christine Lagarde ha giustificato questo rialzo e la possibilità di ulteriori rialzi nei prossimi mesi sostenendo che la lotta all’inflazione non sia ancora conclusa. Concordiamo con lei su questo fatto, meno sull’idea che un ulteriore aumento dei tassi in questo momento si ala scelta giusta, soprattutto analizzando i dati dell’economia europea. Proprio in questi giorni le previsioni di crescita della maggioranza delle nazioni dell’UE sono state riviste al ribasso. Oltre a ciò guardando agli ordinativi delle industrie, ai dati sulle costruzioni come pure ai consumi delle famiglie, la recessione potrebbe arrivare prima di quanto prospettato. Non per nulla la Germania, che è la più importante economia europea, ha già annunciato periodi molto duri all’orizzonte. La prossima settimana sono attese anche le decisioni della banca centrale americana (Fed) e della Banca nazionale svizzera (BNS). Gli analisti ritengono che proprio alla luce dei dati un po’ preoccupanti sull’andamento dell’economia reale la Fed potrebbe interrompere, per questo mese, il rialzo dei tassi di interesse che ricordiamo sono già al 5.5%. Al contrario, e noi diciamo purtroppo, la BNS dovrebbe seguire ancora una volta la strada europea portando il tasso di interesse al 2%. Questo nuovo aggravio non farà di certo bene ai cittadini che saranno confrontati con aumenti consistenti dei premi cassa malati, dell’energia e degli affitti. Ciò comporterà inevitabilmente una riduzione dei consumi e di conseguenza della domanda aggregata. Speriamo che si riescano a contenere gli effetti sul mercato del lavoro.
E parliamo adesso del più grande sciopero mai messo in atto dagli operai che lavorano nell’industria automobilistica negli Stati Uniti. In particolare lo sciopero tocca tre tra le più grandi case automobilistiche: Ford, General Motors e Stellantis. Il sindacato raggruppa ben 150.000 collaboratori. Di questi solamente quelli che lavorano in tre stabilimenti (uno per ogni casa automobilistica) si sono astenuti dal lavoro a partire dalla mezzanotte del 14 settembre quando è finito il tempo dei negoziati tra datori di lavoro e sindacati. Si parla di circa 12.500 persone. La novità di questo sciopero sta nel fatto che per la prima volta da quando esiste il sindacato United Automobile Workers (U.A.W.), circa 90 anni, le azioni si rivolgono non a una singola azienda automobilistica, ma contemporaneamente a più imprese. I tre stabilimenti scelti per l’inizio dello sciopero non sono stati frutto della casualità, anzi. In effetti, si è andato a interrompere la produzione proprio dei veicoli tra i più noti e costosi dei tre marchi (GMC Canyon, la Colorado, la Jeep Gladiator, la Wrangler, il Ford Bronco e il pick-up Ranger). Le richieste del sindacato sono molto chiare e ben definite. Alla luce di aumenti dei profitti del 92% negli ultimi 10 anni e di aumenti medi delle retribuzioni dei dirigenti del 40%, i sindacati chiedono adeguamenti salariali in quattro anni del 40%. Oltre a questo invocano una settimana lavorativa di 32 ore con il salario delle 40 ore retribuite, un innalzamento dei salari in entrata e un miglioramento del sistema pensionistico. Non sappiamo quali saranno i risultati di queste contrattazioni tuttavia si sa che il sindacato dispone di oltre 825 milioni di dollari (740 milioni di franchi) che gli consentono di versare risarcimenti ai lavoratori per 500 $ (450 franchi) a settimana per tre mesi. Il presidente americano Joe Biden ha invitato entrambe le parti a continuare i negoziati. Anche perché il presidente non ha di certo bisogno di altri problemi in vista delle prossime elezioni.
Questo aumento degli scioperi negli Stati Uniti, tuttavia non nasce tanto da una rinnovata adesione e forza dei sindacati, quanto piuttosto dalla loro capacità di sfruttare la mancanza enorme di manodopera qualificata per determinati settori. In effetti, questo sciopero che dovrebbe concludersi a vantaggio deli lavoratori è solo uno degli ultimi atti in cui il “fattore lavoro riesce a ottenere aumenti. La prima grande ondata di rivendicazioni accolte dai datori di lavoro è stata subito dopo la pandemia, quando si è dovuto fare i conti con nuovi desideri e bisogni espressi dalle persone che per rientrare nel mondo del lavoro hanno richiesto compensazioni maggiori del sacrificio del loro tempo libero. Ora, siamo in una situazione in cui una buona parte di aziende fatica a trovare personale qualificato. Negli ultimi mesi negli Stati Uniti sono stati registrati importanti aumenti di salari per i piloti, i camionisti e i portuali. Si parla di aumenti che vanno dal 20 al 40% in quattro-cinque anni. Ma tutto il merito non va ai sindacati. In effetti, solamente il 10% dei lavoratori negli Stati Uniti è sindacalizzato. Inoltre, guardando i dati pubblicati dal ministero del Lavoro americano scopriamo che dalla fine del 2019 fino al giugno di quest’anno gli aumenti dei salari medi nelle aziende non sindacalizzate sono stati del 15.8% mentre in quelle sindacalizzate “solo” del 12.2%. Questo ci conferma che il problema della manodopera qualificata diventa l’ago della bilancia tra domanda e offerta di lavoro e che in questo particolare momento storico pende a favore dei lavoratori.
E chiudiamo con il nostro articolo settimanale “Casse malati: soluzioni, non slogan” in cui abbiamo parlato dei costi della salute e in particolare dei premi della cassa malati. Nel nostro articolo mettiamo in evidenza come purtroppo ad oggi non ci sia nessun’analisi indipendente che dimostri che la soluzione di una cassa malati unica in base al reddito porterebbe alla riduzione del premio per i cittadini. In aggiunta cerchiamo di discutere anche di nuovi modelli di assicurazione sociale che potrebbero finalmente andare incontro all’evoluzione demografica riconoscendo che una buona fetta dei costi che si generano invecchiando non sono da ritenere malattia bensì decorso della vita. In questo senso l’istituzione di una nuova assicurazione sociale destinata a coprire questi costi potrebbe essere una via da analizzare.
Trovate qui gli articoli della settimana
Casse malati: soluzioni, non slogan
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Svizzera: il PIL stagna, la disoccupazione sale
UBS e Credit Suisse: ogni posto di lavoro conta
La carne? Solo per ricchi
Perché la lotta all’inflazione ci alza l’affitto (e altre spese)
Previsioni economiche: nuvole all’orizzonte
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Casse malati: soluzioni, non slogan
Svizzera: il PIL stagna, la disoccupazione sale
UBS e Credit Suisse: ogni posto di lavoro conta
La carne? Solo per ricchi
Le banche centrali e il dilemma dell’inflazione
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
L’economia con Amalia by Amalia1978