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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Ma che bel sole che ci illumina e ci porta il buon umore! Le piazze e le strade si sono riempite di famiglie in festa: dai piccolini ai nonni nessuno riesce a resistere al Carnevale e alle sue risottate. Dopo due anni di pandemia, abbiamo proprio bisogno di un po’ di serenità e spensieratezza. E proprio nella spensieratezza non dimentichiamo di chi sta meno bene e magari prima di andare via prendiamo una bella porzione di risotto e portiamola alla nostra vicina che non se la sente di uscire a festeggiare.
E chi sicuramente ha festeggiato sono le ragazze del Volley Lugano che ieri sera hanno battuto lo Schaffhausen. Sono stata invitata a vedere la partita e proprio come la settimana scorsa, quando avevo partecipato a quella del Volley Bellinzona, sono rimasta impressionata dalla professionalità, grinta e tenacia di queste giocatrici. Per non parlare della grande umiltà nel preparare i campi e smontarli al termine delle partite. Un bell’insegnamento che ci riporta al “fare”.
Ah, dimenticavo, se vorrete, questa sera (domenica) alle 19.00 sarò ospite della trasmissione “La domenica del Corriere”, che ringrazio, per parlare di finanze pubbliche e mercato del lavoro.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia, inizia con uno sguardo internazionale. La nostra nemica attuale, l’inflazione, sembra perdere un po’ di forza nella sua corsa. In effetti, la maggioranza dei dati conferma se non una riduzione quantomeno un arresto nella sua ampiezza. I dati di gennaio sono i seguenti: in Spagna si regista una crescita negativa mensile di -0.3% (dato annuale +5.8%), in Francia +0.4% (dato annuale +6%; ricordiamo che però la situazione francese è un po’ particolare perché il processo inflattivo sembra essere iniziato in ritardo rispetto alle altre nazioni), in Italia +0.2% (dato annuale +10.1%; elevato ma in riduzione rispetto all’11.6% del mese scorso). Questo contribuisce a mostrare un indice dei prezzi al consumo nella zona Euro che si riduce nel mese di gennaio a -0.4% e su base annua all’8.5%. Siamo ancora lontani dalla famosa soglia del 2% che rappresenta l’obiettivo delle banche Centrali per mantenere la stabilità monetaria e finanziaria, ma sicuramente si vedono all’orizzonte delle schiarite. Tant’è vero che questa settimana sia la FED (Federal Reserve) che la BCE (Banca Centrale Europea) hanno deciso sì di continuare con la politica di aumento dei tassi di interesse, ma riducendone l’ampiezza. La FED ha aumentato il tasso di riferimento di 0.25 punti portando il costo del denaro a 4.5-4.75%; la BCE ha aumentato di 0.5%, portando il tasso sui rifinanziamenti al 3.0%.
Aumenti questi che però hanno iniziato a far storcere il naso ad alcuni che ora vorrebbero fermare la politica monetaria restrittiva. Al contrario, le banche centrali hanno già dischiarato che probabilmente ci saranno nei prossimi mesi almeno altri due rialzi per poi mantenere la stabilità. Quindi, per il momento si esclude qualunque riduzione. Anche perché si sa che gli effetti della politica monetaria si manifestano con un certo ritardo sul comportamento delle aziende e dei consumatori e quindi sulla variabile su cui si vuole influire, in questo caso i prezzi. La logica delle banche centrali non è errata. Per il momento i loro rialzi non hanno causato effetti troppo negativi sull’economia: i rallentamenti nei consumi e negli investimenti non hanno al momento penalizzato il mercato del lavoro e nemmeno i tassi di crescita in generale del Prodotto Interno Lordo (PIL). Naturalmente è chiaro che per le nazioni che hanno bilanci pubblici non troppo giudiziosi, questi aumenti andranno a gravare ulteriormente sulle loro spese. Sarà importante gestire le risorse pubbliche nella maniera più giudiziosa possibile evitando in ogni modo di togliere sostegno alle persone a reddito fisso (pensiamo ai pensionati) e alle piccole e medie imprese che pagano da questa inflazione il prezzo più alto.
E poi ecco la stranezza. Se a livello macroeconomico iniziamo a parlare di riduzione dei prezzi o almeno di rallentamento, lo stesso non sembra accadere a livello di dichiarazioni delle aziende. Per esempio è notizia di qualche ora fa che l’amministratore delegato di Nestlé, Mark Schneider, ha intenzione di aumentare anche nel 2023 i prezzi dei prodotti alimentari. A suo dire, anche se mediamente i cittadini hanno pagato prezzi più alti del 7.5% sui prodotti Nestlé, l’azienda non ha ancora traferito i costi aggiuntivi che ha subito. Non ci resta quindi che augurarci che gli indici dei prezzi alla produzione vadano avanti a diminuire cosicché i prezzi dei prodotti usciti dalla fabbrica siano più bassi. Se a questo aggiungiamo che il prezzo dei carburanti, del gas e delle fonti energetiche in generale stanno diminuendo, dovremmo tranquillizzarci un po’ rispetto alle dichiarazioni di Nestlé. Anche se, noi economisti, sappiamo che esiste il fenomeno della collosità dei prezzi che dice che tendenzialmente i prezzi vanno verso l’alto e difficilmente si riducono. Eccezion fatta, che accogliamo con gioia, per i prezzi delle Tesla. Qualche settimana fa abbiamo assistito a riduzioni significative dei prezzi in Cina (dove tra l’altro i clienti che avevano appena acquistato un’automobile hanno manifestato un forte risentimento); ora il listino è stato ritoccato anche per il Nord America, l’Africa, il Medio Oriente e l’Europa. Gli sconti arrivano addirittura al 20% e interessano principalmente due modelli. Ma perché Tesla ha fatto questa mossa? Probabilmente il suo fondatore, Elon Musk, guardando ai cali delle vendite degli ultimi mesi a vantaggio di auto elettriche di altri produttori, ha fatto ciò che è possibile fare quanto si sfruttano appieno le economie si cala (se si produce tanto, il costo di ogni automobile diventa più piccolo e gli utili più grandi); ridurre il suo guadagno per aumentare le vendite e fare pressione sugli altri produttori del settore che però avrebbero margini di guadagno inferiori e quindi non potranno per forza seguirlo in questa strategia.
E chiudiamo la settimana parlando della strategia di Coco Cola Svizzera. In “Tesoro mi si sono allargati i ragazzi”. La Coca Cola cresce e torna al mezzo litro parliamo ancora una volta di inflazione, ma in questo caso si inflazione “nascosta” (Shrinkflation). I produttori che conoscono l’elasticità (ossia la sensibilità dei consumatori alla variazione del prezzo) decidono di ridurre la quantità del prodotto facendo pagare lo stesso prezzo. Ora che Coca Cola Svizzera torna indietro e ci ridà le bottigliette da mezzo litro anziché da 450 millilitri. Unico dubbio: non sappiamo se anche questa volta il prezzo rimarrà lo stesso oppure lo aumenterà…
Trovate qui gli articoli della settimana:
Tesoro mi si sono allargati i ragazzi”. La Coca Cola cresce e torna al mezzo litro
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Debito pubblico fuori controllo?
La ragion d’essere della Banca Nazionale Svizzera
I disoccupati che non si vedono e non si contano
Il Natale degli Invisibili
Sotto l’albero? Le previsioni del KOF
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
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Tesoro mi si sono allargati i ragazzi”. La Coca Cola cresce e torna al mezzo litro
Debito pubblico fuori controllo?
La ragion d’essere della Banca Nazionale Svizzera
I disoccupati che non si vedono e non si contano
Il Natale degli Invisibili
Sotto l’albero? Le previsioni del KOF
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante