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Care amiche, cari amici, buona domenica!
I risotti e i coriandoli animano le nostre piazze e vie. Difficile non farsi trascinare da questa aria festosa e di gioia. Se in più aggiungiamo che anche oggi è una splendida giornata di sole… impossibile, resistere. E per quanto mi riguarda, tra poco potrete incontrarmi a Carona!
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia comincia dando uno sguardo alle decisioni delle principali banche centrali. La settimana scorsa avevamo parlato della decisione della Banca Centrale Europea (BCE) di mantenere i tassi inalterati; questa settimana si sono comportate in maniera analoga la Federal Reserve (FED) e la Banca d’Inghilterra (BoE). Al momento quindi i tassi europei rimangono tra il 4-4.75%, quelli americani tra il 5.25-5.5% e quelli inglesi al 5.25%. Anche se i segnali sul fronte dei prezzi sono incoraggianti da diversi mesi, riteniamo che la prudenza nell’invertire la politica monetaria da restrittiva ad espansiva sia più che giustificata. Per spiegarlo in maniera semplice abbiamo risposto agli aumenti dei prezzi aumentando i tassi di interesse, ora che ne vediamo i risultati (perché sappiamo che la politica monetaria mostra i suoi effetti con un certo ritardo) non possiamo invertire la rotta e ridurre il costo del denaro troppo in fretta. Il rischio di questo genere di manovra potrebbe essere quello di vedere nuovamente aumentare i prezzi e in contemporanea non favorire la crescita.
Crescita economica che tutti quanti noi vorremmo, ma che ancora le previsioni non indicano così sostenuta. Anche se, dobbiamo segnalare un miglioramento nelle stime pubblicate dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) che ora indicano una crescita globale mondiale nel 2024 del 3.1% e nel 2025 del 3.2%. Rispetto ai dati pubblicati nell’ottobre del 2023 il miglioramento dipende principalmente da una maggiore crescita negli Stati Uniti e anche in alcune economie in via di sviluppo oltre che dalla stima degli effetti benefici della politica fiscale espansiva attuata in Cina. In questo caso le autorità cercano di contrastare il rallentamento della domanda che oramai da mesi affligge il paese e soprattutto di contenere le conseguenze negative dei problemi legati alla crisi immobiliare innescata dal fallimento di Evergrande. Ne avevamo parlato già qualche mese fa e proprio questa settimana la più grande impresa cinese legata al settore immobiliare è stata messa in liquidazione perché non ha trovato un accordo con i suoi creditori in relazione agli oltre 300 miliardi di dollari di debito accumulati (circa 260 miliardi di franchi; a titolo di paragone il PIL svizzero è di circa 780 miliardi). La risposta della Banca del Popolo Cinese (PBoC) non si è fatta attendere e ha dichiarato la riduzione del tasso delle riserve obbligatorie bancarie di 0.5 punti percentuali immettendo quindi nel sistema economico quasi 140 miliardi di dollari (120 miliardi CHF).
La riserva obbligatoria è un deposito obbligatorio che le banche secondarie devono detenere presso le banche centrali. La riserva obbligatoria deve essere fatta in contanti, generalmente viene retribuita con un tasso di interesse ed è proporzionale ai depositi che i clienti detengono presso le stesse banche secondarie. Questa misura è stata introdotta più o meno in quasi tutti i paesi nel secolo scorso e fino agli anni 90 era uno degli strumenti di politica monetaria tra i più utilizzati. Il meccanismo è molto semplice: se vogliamo togliere della moneta dal mercato perché riteniamo che la domanda sia troppo elevata, allora dobbiamo aumentare il tasso di riserva obbligatoria. Nel nostro caso la banca centrale cinese ha fatto esattamente il contrario, cercando quindi di sostenere la liquidità nel mercato e di conseguenza la liquidità e la domanda. Oltre a essere uno strumento di politica monetaria, la riserva obbligatoria serve anche in parte come tutela del risparmio e garanzia della tenuta del settore finanziario. Anche se gli avvenimenti degli ultimi decenni ci hanno mostrato quanto possa essere limitato il potere di salvaguardare la sicurezza dei sistemi finanziari.
E chiudiamo con il nostro articolo settimanale. Sostenendo che “Non è ancora tempo di andar per mare” affrontiamo il tema delle decisioni delle banche centrali principali e delle differenze che le economie reali di Stati Uniti Unione Europea e Inghilterra stanno vivendo. In particolare la nostra attenzione è concentrata sulla crisi della Germania che proprio qualche ora fa ha dichiarato di prevedere anche per il 2025 un deficit pubblico molto importante (40 miliardi di euro, ca. 34 miliardi CHF ). L’articolo è stato pubblicato da L’Osservatore che ringraziamo.
Trovate qui gli articoli della settimana
Non è ancora tempo di andar per mare
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
L’inflazione sta passando, ma le cose non vanno benissimo
Previsioni a tinte fosche per l’economia elvetica
La Svizzera si oppone alla violenza di genere
Il Ticino sempre più un’economia sussidiata dallo Stato
La crisi mondiale si manifesta nelle nostre esportazioni
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Non è ancora tempo di andar per mare
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Previsioni a tinte fosche per l’economia elvetica
La Svizzera si oppone alla violenza di genere
Il Ticino sempre più un’economia sussidiata dallo Stato
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
L’economia con Amalia by Amalia1978