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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Questa settimana le notizie vi arrivano dall’estero e più precisamente da Bologna dove ci siamo concesse qualche giorno di buona musica (Vasco!) e buon cibo. Non che in Ticino manchino, anzi. Proprio durante questo fine settimana si svolgono molte attività all’aperto tra cui la Notte Bianca a Locarno, Breganzona Estate e lo Street Food Festival in Capriasca. Buon divertimento a tutti!
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia inizia dando un’occhiata alla situazione internazionale e in particolare all’andamento del Prodotto Interno Lordo (PIL). Il PIL è un indicatore economico che misura il benessere economico (e sottolineiamo economico) di una nazione. Ha tanti limiti e difetti, ma ad oggi rimane l’indicatore migliore per questa valutazione. Il PIL misura il valore della produzione di beni e servizi all’interno di una nazione in un determinato tempo. Allo stesso modo può misurare i redditi che sono versati per creare questi beni e servizi a tutti i fattori produttivi, quindi oggi al lavoro e al capitale. In questo caso sommiamo salari, redditi degli indipendenti, profitti non versati, dividendi agli azionisti, tassi di interesse… Infine, il PIL può anche essere misurato dal punto di vista delle aziende e quindi calcolando il valore aggiunto che esse mettono nella creazione finale dei beni. I nostri sistemi economici attuali, basando la remunerazione sul lavoro, necessitano per crescere e per garantire a tutti un salario, un prodotto interno lordo che aumenti allo stesso livello dell’aumento della forza lavoro e della produttività (dovuta al progresso tecnologico). Purtroppo così non è stato nel primo trimestre del 2023 per l’Eurozona (spazio europeo che riunisce i 19 Paesi che adottano la moneta unica). Infatti, i dati corretti per questo periodo indicano una riduzione del PIL del -0.1%; visto che anche nel trimestre precedente è stata registrata la stessa contrazione, l’Eurozona si trova ufficialmente in recessione. Non succedeva dalla crisi pandemica. La scorsa settimana avevamo commentato la situazione negativa della Germania, evidenziando quanto questa avrebbe potuto influire sull’Unione Europea e così, purtroppo, è stato. Nel frattempo anche altre nazioni sono entrate ufficialmente in recessione: Irlanda, Grecia, Lituania , Malta e Paesi Bassi. Alcuni analisti sono cauti nel mostrare preoccupazione e preferiscono parlare di leggera stagnazione economica. Dal nostro punto di vista se dovessero esserci ulteriori aumenti dei tassi di interesse, la situazione anche sul fronte occupazionale potrebbe peggiorare abbastanza velocemente.
E supponiamo che la situazione occupazionale, o meglio la produttività, dei collaboratori di Google sia peggiorata visto il richiamo fatto dall’azienda per chiedere di rientrare al lavoro in presenza. Per il momento si concederebbero ancora due giorni di lavoro da remoto, ma nel prossimo futuro dovrebbero essere casi eccezionali. Nei mesi scorsi già altre grandi imprese come Amazon, Walt Disney e Meta avevano chiesto ai propri dipendenti di rientrare al lavoro in ufficio. Evidentemente anche nelle aziende più creative, la relazione diretta tra colleghi come anche l’ambiente di lavoro fisico e i contatti umani “ravvicinati” migliorano le performance professionali. Noi di questo un po’ ce ne rallegriamo poiché abbiamo sempre ritenuto che il lavoro non si limiti alla mera esecuzione di compiti, ma porti con sé anche un grande valore aggiunto che nasce dalle relazioni con le altre persone. Ci fa un po’ sorridere il fatto che siano proprio le aziende che hanno guadagnato sui sistemi di riunioni a distanza a fare un passo indietro: forse questo dovrebbe essere anche un avvertimento per i loro clienti, per noi. I software per le videoconferenze possono essere un grande aiuto e supporto in alcune circostanze, ma il beneficio che si trae dai contatti di persona rimane più grande.
Concludiamo con una notizia di grande rilevanza: Stephan Schmidheiny, imprenditore svizzero, è stato condannato a 12 anni di carcere nel caso Eternit bis, un processo che segnerà la storia per il suo collegamento ad uno dei disastri industriali più devastanti. Non solo Schmidheiny affronterà il carcere, ma è anche tenuto a pagare un risarcimento ingente ai familiari delle 392 vittime, che ammonta a centinaia di milioni di euro, oltre a compensare il Comune di Casale Monferrato con 50 milioni di euro (approssimativamente 48.5 milioni di franchi svizzeri) e lo Stato italiano con ulteriori 30 milioni di euro (circa 29 milioni di franchi svizzeri). Nel 1976 Schmidheiny assunse il controllo di Eternit, l’azienda di famiglia specializzata nella produzione di materiali in cemento-amianto, gestendo la fabbrica di Casale Monferrato, un comune situato nelle vicinanze di Alessandria. Questo fino al 1986 anno in cui l’azienda dichiarò fallimento. Fondata nel 1903, Eternit si dedicò per decenni alla produzione e commercializzazione di prodotti in cemento-amianto, un materiale scoperto solo pochi anni prima della sua fondazione. L’azienda divenne rapidamente un gigante industriale e Casale Monferrato divenne il fulcro della sua produzione: si sperava che l’industria avrebbe contribuito a stimolare l’economia locale attraverso la creazione di migliaia di posti di lavoro. Tuttavia, queste aspettative si rivelarono illusorie. Gli effetti drammatici dell’esposizione all’amianto divennero presto evidenti, con un numero crescente di decessi sia tra i lavoratori che tra i residenti della zona (che vennero esposti alle fibre di amianto che avevano contaminato l’ambiente circostante). Nonostante siano trascorsi decenni prima che venisse raggiunta una sentenza, oggi nessuno contesta il legame tra l’esposizione all’amianto e il mesotelioma, un tipo di tumore estremamente grave. L’unica eccezione sono gli avvocati difensori di Schmidheiny. Questo processo rappresenta un momento cruciale nella ricerca di giustizia per le vittime e nel riconoscimento delle responsabilità legate ai danni ambientali e alla salute pubblica. Sarebbe bello non viverne più.
E chiudiamo con l’articolo settimanale in cui abbiamo ripreso un’analisi svolta dall’ufficio cantonale di statistica che ringraziamo per il sempre eccellente lavoro. In “Ticino: sempre più frontalieri e sempre meno residenti” constatiamo che il mercato del lavoro ticinese mostra una tendenza particolare: crea posti di lavoro, ma questi sono al beneficio di persone non residenti. In aggiunta, le dinamiche demografiche hanno un impatto negativo sul tasso di attività che si allontana sempre più dal resto della Svizzera. A pagare il conto di questa situazione sono e saranno i giovani.
Trovate qui gli articoli della settimana
Ticino: sempre più frontalieri e sempre meno residenti
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Svizzera: l’economia va bene o va male?
Gli Stati Uniti falliranno?
Ticino: siamo sempre i più poveri
In Ticino abitanti sempre più poveri
C’è lavoro ma non ci sono lavoratori. Che fare?
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Ticino: sempre più frontalieri e sempre meno residenti
Svizzera: l’economia va bene o va male?
Gli Stati Uniti falliranno?
Ticino: siamo sempre i più poveri
In Ticino abitanti sempre più poveri
PMI: Sorpresa amara nell’uovo di Pasqua
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
L’economia con Amalia by Amalia1978