I Liberali in grave perdita di velocità e forse diremmo di identità, impegnati negli anni passati a fare la guerra agli avversari politici anziché cercare di proporre soluzioni, si erano trovati sull’orlo del precipizio al momento della nomina del presidente ciclista-imprenditore. Si trattava di riportare il campanile almeno a livelli accettabili per un partito che per un secolo ha fatto e disfatto senza tener presente troppo del parere della popolazione e della sua base. L’avvento prima dei PSA ve li ricordate, e poi della Lega, in particolare quest’ultima ha portato scompiglio un po’ ovunque, per un modo nuovo e frizzante, non sempre condivisibile per atteggiamenti a nostro modo di vedere offensivi della persona come individuo. Prendere in mani le redini di un partito che si vedeva erodere il potere in maniera vistosa e che non aveva le armi per delle contromisure concrete, è pur stato un atto di coraggio, oseremmo dire di incoscienza da parte di chi ha accettato. Forse l’unico gesto di un presidente che poi alla fine non ha raggiunto nemmeno uno degli obiettivi prefissati. Era abitudine che ogni ministro PLR in procinto di lasciare la carica, si dedicasse all’hobby più bello: sparare a zero sul partito e la dirigenza. Questo peggiorava il clima e non metteva di certo il gruppo in posizione unitaria. Si sono privilegiati temi prioritari per il partito, tipo la ripresa di seggi, il potere parola tanto cara alla dirigenza non solo di questo partito. Intanto il Ticino sprofondava, e di fatto è sprofondato in un malore generalizzato dove i problemi erano solo la scusa per rimbalzi di responsabilità fra le varie dirigenze del partito. Un processo avviato in questi ultimi due anni, e qui bisogna dare merito alla dirigenza anche se l’operazione era dovuta di per se stessa, un certo ringiovanimento dei ranghi. Giovani comunque molto ben pilotati e tenuti bene in guardia da chi di fatto su in alto ha tentato di giocare a scacchi. M giocare a scacchi con le urne diventa impossibile e queste defezioni di proporre soluzioni concrete e non solo dogmi che di fatto non portano a concrete soluzioni, ha dato qualche impulso al gruppo liberale ma non si è riusciti a raggiungere i grandi tre o quattro obiettivi di questi ultimi due anni di elezioni.
Pensiamo alle elezioni cantonali:levare un seggio alla lega e risalire a due seggi in governo, operazione fallita. Pensiamo alle elezioni del Consiglio Nazionale: levare un seggio alla lega aumentarne di uno per loro, operazione non riuscita. Pensiamo all’elezione dei senatori: mantenere il seggio, se non vi fosse stata l’alleanza con i verdi e i socialisti, i liberali perdevano il senatore, operazione non riuscita. Poi alle comunali vi erano due traguardi: sindaco a Lugano rubandolo alla lega, operazione fallita e non raggiunta la maggioranza relativa. Nei comuni delle valli avanzata della lega nei municipi quasi tutti a scapito dei liberali, operazione non riuscita. Di fatto i liberali hanno ottenuto maggiore consenso rispetto le tornate elettorali precedenti ma non hanno raggiunto nessuno degli obiettivi che si erano prefissati. L’analisi di questa breve presidenza è di certo in grigio scuro. Ora, per non cambiare il trend comunque positivo di appartenenza dei liberali, sarà importante che non ricomincino le anime varie del partito a rialzare la testa e combinare qualche guaio. Il Ticino ha bisogno di un partito forte che sappia controbattere con soluzioni vere ai partiti che di fatto, oggi, detengono il potere.
Questa è una nostra opinione personale, per cui condivisibile o meno, ma resta tale. (ETC/rb)