Un’indagine rappresentativa realizzata la scorsa primavera dall’Unione svizzera dei contadini (USC) e dai Produttori svizzeri di latte ha mostrato che la maggioranza delle famiglie contadine valuta la politica agricola 2014-17 in maniera critica e negativa, tant’è che la nota media (3) attribuita dalle 1’395 aziende partecipanti all’indagine è risultata insufficiente! I gestori aziendali si sono mostrati in disaccordo con la politica agricola attuale nel suo insieme, così come per tutti i punti specifici riportati nel questionario e negli spazi a disposizione dove hanno potuto esprimere le loro critiche e insoddisfazioni. Questi risultati non sorprendono più di tanto visto che nel 2013 e 2014 le aziende agricole di pianura hanno subito dei tagli importanti a livello di pagamenti diretti, mentre solo una piccola parte delle aziende in zona di montagna ha potuto approfittare di maggiori contributi. Le critiche frequenti si rivolgono all’enorme dispendio amministrativo imposto, agli sproporzionati incentivi per una gestione più estensiva, alle informazioni insufficienti e incomplete e alle incertezze sulle effettive esigenze dei nuovi programmi a cui si partecipa.
Uno dei timori più ricorrenti riscontrati dall’indagine è che questa politica agricola porti con sé una diminuzione della redditività e della competitività delle aziende, in contrasto con quanto ventilato dai suoi fautori. Il 60% delle aziende prevede che subirà una riduzione nella vendita dei prodotti e nei pagamenti diretti, mentre solo il 10% spera in un miglioramento della situazione. Al primo posto delle sfide più importanti c’è la sicurezza di un reddito adeguato che gli agricoltori desiderano garantirsi con una crescita aziendale e/o un’attività accessoria. Tuttavia, il potenziale di crescita è considerato limitato, a causa dei numerosi contributi legati alle superfici.
Un altro aspetto caro a molti agricoltori è la produzione di derrate alimentari, che deve ritrovare un posto importante nel contesto agricolo, poiché è il compito principale sul quale si fondano fierezza e orgoglio. Le famiglie contadine desiderano poter trarre un reddito adeguato dalla vendita dei propri prodotti di cui l’alta qualità viene vista come un “atout” importante, così come l’utilizzo di marchi riconosciuti.
D’altro canto, secondo i partecipanti, la politica agricola mostra anche i suoi effetti: circa 1/5 delle aziende intende passare a una gestione più estensiva e diminuire l’impiego di alimenti concentrati, di concimi e di prodotti fitosanitari. Inoltre, nel primo anno la partecipazione ai nuovi programmi di produzione di latte e carne basati sulla superficie inerbita e la qualità del paesaggio è stata alta, compensando la perdita di reddito causati dalla soppressione dei contributi legati al numero di animali da reddito. Ciò nonostante sembrerebbe che il potenziale di crescita di questi programmi abbia già raggiunto i propri limiti. Per concludere quasi il 60% degli intervistati auspica una maggiore stabilità e chiarezza della politica agricola per il futuro, i continui cambiamenti e l’incertezza non sono visti di buon occhio.
L’USC pubblicherà i risultati completi dell’indagine alla fine del 2015: serviranno per cercare di adattare e migliorare la politica agricola, e a sviluppare delle condizioni quadro più adeguate e stabili per il futuro.
Sem Genini, segretario agricolo UCT e candidato al Consiglio Nazionale per la Lega dei Ticinesi (lista 5 numero 6)