Ieri la Dichiarazione di Berna ha presentato un rapporto nel quale critica le grandi aziende di moda internazionale che si sono insediate in Ticino per approfittare delle condizioni fiscali vantaggiose e che fanno enormi profitti grazie a lavoratori pagati una miseria nel Terzo mondo. Il problema della qualità degli impieghi offerti da questo settore riguarda anche il Ticino, non solo in paesi in via di sviluppo. La tanto decantata Fashion Valley nel Mendrisiotto ha ben poco a che fare con il lusso e il glamour delle pubblicità. Il settore della moda ha tre componenti principali: le industrie tessili, la logistica e il commercio all’ingrosso.
Il salario mediano nelle industrie tessili è il più basso di tutti i comparti industriali ed è addirittura calato del 16,4% fra il 2008 e il 2012. Circa i tre quarti della manodopera proviene da oltreconfine e in 10 anni (2004-2014) il loro numero è ancora aumentato.
Per quanto riguarda la logistica, il rapporto 2011 dell’Osservatorio dello sviluppo ambientale dice chiaramente che queste attività comportano “una richiesta di suolo non indifferente e, indirettamente, costi aggiuntivi per i Comuni coinvolti, non sempre compensabili con le imposte pagate da queste aziende (in ragione del numero esiguo di addetti, ma anche della ramificazione nazionale e internazionale in cui si inseriscono)”. In pratica costano più di quanto rendono. Basti pensare che i soli costi sanitari dovuti alle polveri fini PM10 prodotte dal traffico pesante costano 60 milioni l’anno alla collettività, oltre 400 franchi a testa. Anche in questo settore i salari partono da 3’000 franchi lordi al mese e come ha ammesso il presidente dell’Associazione ticinese imprese di spedizione e di logistica (ATIS) Fabio Maciocci, i frontalieri sono oltre il 50%” nel ramo.
Infine per quanto concerne il commercio all’ingrosso per far fronte ai casi di dumping è si è dovuto introdurre un Contratto normale di lavoro, con salari minimi da 17,30 franchi l’ora (fanno circa 2’900 franchi lordi al mese per 13 mensilità). Non stupisce quindi che anche in questo caso il numero di dipendenti frontalieri sia raddoppiato dal 2004 a oggi.
Al di là dei tanti bei discorsi sull’eccellenza e l’indotto, ci si chiede dove siano i posti di lavoro di qualità per i residenti e lo sviluppo sostenibile che il Consiglio di Stato ci ha promesso. Come al solito in questo cantone si pone molta enfasi sugli introiti fiscali di alcune imprese che godono di regimi fiscali speciali e che potrebbero anche decidere di delocalizzare con l’entrata in vigore della riforma III delle fiscalità delle imprese, come già è avvenuto per aziende che hanno prontamente traslocato dopo aver beneficiato di sgravi fiscali per anni. Silenzio totale invece sui costi che scaricano sulla comunità e sui benefici reali per il territorio e la popolazione residente. Questa strategia di sviluppo economico si è rivelata fallimentare perché in Ticino il numero di aziende e di posti di lavoro è cresciuto notevolmente, addirittura più della media svizzera ma non ci sono stati influssi positivi sull’occupazione residente, anzi il tasso di disoccupazione Ilo è raddoppiato dal 2002.
Come Verdi del Ticino abbiamo già inoltrato al Consiglio di Stato una mozione per chiedere che gli studi economici su cui si basa il cantone per decidere le linee direttive dello sviluppo economico tengano conto anche di fattori come il livello dei salari, gli sbocchi professionali per la manodopera residente, la qualità degli impieghi offerti e l’impatto ambientale. Abbiamo anche chiesto al governo di fare chiarezza sulle retribuzioni nei settori economici definiti “promettenti” perché in molti di essi i salari mediani risultano in calo.
Nelle aree di attività del cantone rimane ormai solo il 14% di terreni liberi. Se non ci decidiamo ad operare una svolta qualitativa e a capire che il vero valore delle imprese sono i posti di lavoro di qualità con salari che permettano ai residenti di vivere degnamente e di reinvestire nell’economia cantonale, sprechemo il poco territorio ancora rimasto per avere più traffico, più inquinamento, più disoccupati, salari in calo e una qualità di vita sempre peggiore. E non ci sono introiti fiscali che possano ripristinare questo degrado.
Jessica Bottinelli
Presidente della direzione cantonale dei Verdi
Candidata al Municipio di Chiasso