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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Le scuole sono finite e molti di voi sono già scappati verso le meritate vacanze. Per chi invece deve restare qui in Ticino niente paura: il tempo pare finalmente essere quello estivo e le manifestazioni all’aperto non mancheranno. Quindi niente paura: anche questo giugno ha tanto da offrirci.
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia inizia dando un’occhiata alla situazione internazionale. Come accade da più di un anno a questa parte la nostra attenzione è concentrata sull’andamento dei prezzi e sul comportamento delle banche centrali. Questa settimana la Fed (Federal Reserve, banca centrale americana) ha deciso di lasciare invariati i tassi di interesse: questo non accadeva da ben 15 mesi. Il tasso di riferimento negli Stati Uniti è tra i più alti e si colloca tra il 5% e il 5.25%. Nonostante questa decisione e nonostante il dato incoraggiante di un tasso di inflazione nel mese di maggio sceso al 4% (era del 4.9% in aprile) la Fed non guarda con ottimismo al futuro. Nel suo comunicato stampa dichiara che l’inflazione rimarrà troppo alta nei prossimi anni (5.6% nel 2023 e 4.6% nel 2024) e quindi sono da prevedere almeno altri due rialzi dei tassi quest’anno. Al contrario la Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di proseguire con un ulteriore aumento del tasso di interesse di 0.25 punti percentuali portando quello di riferimento al 4%. Anche in questo caso la conferma di una riduzione del tasso di inflazione dal 7% del mese di aprile al 6.1% del mese di maggio non è bastata a interrompere le decisioni di aumento. La prossima settimana, precisamente il 22 giugno, conosceremo le decisioni della Banca Centrale d’Inghilterra (BoE) e quella della nostra Banca Nazionale. Scopriremo se questi due attori seguiranno la via americana o quella europea.
Chi di certo non ha seguito né l’una via né l’altra è la Banca centrale cinese (Pboc) che ha deciso in maniera inaspettata, almeno per i commentatori occidentali, di ridurre i tassi di interesse per cercare di sostenere la fiducia di imprese e di consumatori visto che la ripresa post Covid-19 sembra andare a rilento. Lo ha fatto cominciando a ridurre dapprima i tassi di interesse a 7 giorni e poi, dopo meno di 48 ore, riducendo anche i tassi di interesse sui prestiti annuali (dal 2.75% al 2.65%). Decisamente la mossa della banca centrale cinese è in controtendenza rispetto a quanto fanno le banche centrali occidentali. La Cina ha preso questa misura basandosi su dati macroeconomici preoccupanti: l’indicatore delle vendite ha mostrato un forte rallentamento, la produzione industriale è cresciuta meno di quanto preventivato e la disoccupazione giovanile (tra i 16 e i 24 anni) ha segnato il dato record di oltre il 20%. Evidentemente l’insufficienza della domanda interna e la situazione economica globale che genera una debolezza della domanda esterna hanno spinto le autorità cinesi a prendere queste decisioni.
Decisioni che arrivano proprio nel momento in cui leggiamo che l’Unione Europea cerca di proteggere il suo settore produttivo aprendo un’inchiesta proprio contro la Cina al fine di poter applicare dei dazi alle importazioni di automobili cinesi. L’accusa è quella di pratiche antidumping e più precisamente che lo Stato sostenga attraverso sussidi la produzione del settore. Da sempre noi ci battiamo per la protezione del mercato del lavoro: qualunque politica è giustificata in nome del benessere dei propri cittadini. In questo caso però l’Unione europea non può volere il titolo di paladina del libero mercato mostrando nei fatti che la difesa del libero mercato è una cosa buona fintanto che la avvantaggia. Quando si tratta di attaccare la Svizzera perché difende i suoi cittadini e non accetta le imposizioni è la prima, ma quando è lei, l’Unione Europea a difendere i suoi lavoratori, tutti dovrebbero accettarlo. Posizione, permetteteci di dirlo, un po’ arrogante e supponente, quanto quella degli Stati Uniti. Sono mesi che dettano le loro strategie per arginare la Russia nel conflitto ucraino e suggeriscono a noi europei di tagliare le importazioni di gas e petrolio mentre loro vanno avanti a comperare l’uranio necessario ad alimentare le centrali nucleari americane. Come se tenere al caldo gli americani e garantire l’energia alle imprese statunitensi fosse più importante che tenere al caldo i cittadini e alimentare le imprese degli europei.
E chiudiamo con l’articolo settimanale. In “Previsioni economiche: nuvole all’orizzonte” commentiamo i dati presentati dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO) e dal centro di ricerca del politecnico federale di Zurigo (KOF) che convergono sull’idea che la crescita economica in svizzera sarà piuttosto contenuta quest’anno a causa principalmente dell’andamento economico internazionale (in particolare dell’inflazione).
Trovate qui gli articoli della settimana
Previsioni economiche: nuvole all’orizzonte
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Ticino: sempre più frontalieri e sempre meno residenti
Svizzera: l’economia va bene o va male?
Gli Stati Uniti falliranno?
Ticino: siamo sempre i più poveri
In Ticino abitanti sempre più poveri
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Previsioni economiche: nuvole all’orizzonte
Ticino: sempre più frontalieri e sempre meno residenti
Svizzera: l’economia va bene o va male?
Gli Stati Uniti falliranno?
Ticino: siamo sempre i più poveri
In Ticino abitanti sempre più poveri
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
L’economia con Amalia by Amalia1978