Ho letto con attenzione l’articolo apparso sul Corriere del Ticino lo scorso 18 gennaio firmato da Ettore Delorenzi, esponente del Partito Socialista. Egli, legittimamente, perora la causa del mantenimento del seggio socialista in Consiglio di Stato. Peccato che lo faccia cercando di delegittimare l’azione dei comunisti, i quali in realtà, dei socialisti si sono sempre mostrati alleati sì critici, ma anche leali. E questo fin dai tempi del Partito del Lavoro (che nel 2007 cambiò nome in Partito Comunista).
Sono tre gli aspetti che emergono da quell’articolo e su cui desidero controbattere: lo faccio perché va chiarito chi sono davvero i comunisti, al di là di certi luoghi comuni che, se comprensibili da destra, diventano fastidiosi se ripetuti da sinistra (anche perché significa che la sinistra sta perdendo per strada la sua indipendenza ideologica e di cultura politica).
Il vecchio dilemma che attraversa la sinistra sarebbe, secondo Delorenzi, “la contrapposizione tra metodo riformista e metodo rivoluzionario”. Il primo consisterebbe nel promuovere gli interessi dei lavoratori “all’interno del sistema liberaldemocratico tramite via parlamentare”, il secondo con “atti anche insurrezionali”. In realtà non è così: né da un punto di vista storico, né tantomeno ideologico. Potremmo iniziare col dire che fra il metodo riformista e quello rivoluzionario, c’è la via cosiddetta “riformatrice” che opera riforme di struttura ed è diffusa nel comunismo occidentale a partire dal peculiare pensiero gramsciano di cui Palmiro Togliatti fu uno dei massimi esponenti. Ma anche ideologicamente non corrisponde al vero il fatto che i marxisti rifiutino la via parlamentare all’interno di un sistema liberal-democratico: a fine anni ‘90 c’erano due ministri comunisti in Italia (Belillo e Diliberto) e proprio oggi i comunisti della Repubblica Ceca e del Portogallo sono nelle maggioranze dei rispettivi parlamenti che consentono ai socialisti di avere i voti per governare. E anche nel nostro piccolo, in questi anni di Gran Consiglio, non credo di aver dimostrato estremismo velleitario. Cito solo tre dei quasi 70 atti parlamentari che ho depositato: una mozione – poi parzialmente accolta – per aumentare la formazione degli agenti di sicurezza privata; un’iniziativa per un’imposta progressiva sugli utili delle persone giuridiche (a vantaggio delle PMI); un’iniziativa per aumentare la clausola di rimborso per chi delocalizza, ecc. Non credo siano proposte insurrezionali.
Delorenzi asserisce poi come – a differenza dei rivoluzionari – i riformisti abbiano sviluppato “società democratiche e sistemi sociali avanzati”. Già, infatti quando sul finire degli anni ‘90 i principali paesi dell’UE erano tutti governati dai socialdemocratici (D’Alema, Schröder, Blair, Jospin, Zapatero) cosa abbiamo ottenuto? Privatizzazioni a non finire; tagli nel sociale; maggiore integrazione alla NATO e, dulcis in fundo, anche una guerra imperialista contro la Serbia che non si piegava ai diktat euroatlantici! E questo sarebbe un sistema sociale avanzato? Il problema non è stare al governo, bensì come starci. E cioè se si mantiene o meno la propria indipendenza politica dalle influenze liberali e conservatrici.
Il terzo aspetto ben si riassume nell’osservazione secondo cui “se si è giovani e idealisti il metodo riformista può apparire una forma di tradimento”. Anche qui il solito cliché dei giovani infatuati di romantico estremismo: chiunque coi giovani ha a che fare sa che non è così e il Partito Comunista (che di giovani se ne intende, orgogliosamente) organizza corsi di formazione politica in cui non solo il concetto di “tradimento” non esiste, ma in cui si contrasta l’idealismo perché non appartiene alla nostra cultura politica materialista. O si vuole forse insinuare che i comunisti storici a cui noi ci rifacciamo come Palmiro Togliatti in Italia o Pietro Monetti e Virgilio Gilardoni in Ticino fossero dei sognatori e non invece dei politici rigorosi coi piedi ben piantati sul terreno nazionale come effettivamente erano?
Non siamo più a sinistra del PS perché cerchiamo scorciatoie: queste le hanno cercate semmai certi socialisti massimalisti di qualche decennio fa, non certo il Partito del Lavoro! E qui Delorenzi, nel contrastare chi sta più a sinistra del PS, fa uno scivolone pazzesco con una parentesi che si poteva risparmiare: “basti pensare agli assassinii compiuti dalle Brigate Rosse nella vicina Italia”! E’ bene ricordargli che le BR hanno ucciso in primis i comunisti (come il sindacalista Guido Rossa): si stia quindi molto attenti a tracciare paragoni ignobili perché negli anni di piombo, mentre il Partito Comunista Italiano, con tutta la sua autorevolezza, si opponeva ai terroristi, era il Partito Socialista Italiano ad auspicare invece il dialogo con quei criminali! Non si cambino quindi le carte in tavola in maniera offensiva per delegittimare i comunisti: non è così che si salverà la presenza del PS in governo!