Ancora un regalo fiscale alle imprese, e ancora una volta senza chiedere nulla in cambio. La necessità di abolire i regimi fiscali privilegiati, come previsto dalla Riforma III della fiscalità delle imprese, non è contestata ma sono necessarie compensazioni per evitare che i mancati introiti per le casse pubbliche (5 miliardi secondo gli esperti di UBS) si ripercuotano sui cittadini attraverso tagli delle prestazioni o aumenti delle imposte. Il Consiglio nazionale invece non solo non ha previsto nuove misure per evitare buchi miliardari nelle finanze pubbliche, ma ha addirittura adottato sgravi più sostanziosi del previsto per le imprese. Anche quei partiti che tanto si proclamano difensori del popolo e che esigono regole restrittive per gli stranieri, quando si tratta di aziende stendono i tappeti rossi a chiunque e gratis, lasciando a noi la fattura da pagare.
La strategia di puntare su privilegi fiscali per attirare alcuni tipi di aziende si è rivelata un boomerang sul lungo termine, eppure per evitare le delocalizzazioni e le perdite d’impieghi e d’introiti fiscali che ne deriverebbero, il Parlamento federale punta ancora una volta sull’attrattiva fiscale. Questa riforma invece dovrebbe essere l’occasione per attirare aziende innovative capaci di offrire posti di lavoro di qualità. Le cifre ufficiali dimostrato che favorire l’arrivo d’imprese senza porre norme qualitative non serve a rilanciare l’occupazione e a generare benessere per tutta la popolazione. Ancora una volta quindi i costi di questo sviluppo economico miope ricadranno interamente sulla popolazione.
In Ticino, anno dopo anno, il nostro governo ci ripropone preventivi da “lacrime e sangue” che vanno a colpire anche le fasce più deboli della popolazione e la situazione comunque non migliora. Dal 2005 al 2013 il numero delle aziende attive in Ticino è aumentato di oltre 15’000 unità e i posti di lavoro di 31’500 unità (+16.9%, contro 11.8% in media svizzera) eppure i tassi di disoccupazione ILO e sottoccupazione sono raddoppiati, i salari si riducono in molti settori e il numero di persone in assistenza registra ogni anno un nuovo record. Ci sono interi comparti economici in Ticino dove la manodopera è frontaliera perché con certe paghe un residente non riesce a mantenersi. Abbassando le imposte senza porre norme qualitative, si attireranno ancora più imprese di questo tipo che generano costi sociali e ambientali a carico della comunità.
Gli introiti fiscali e i contingenti non bastano a riorientare l’economia cantonale verso posti di lavoro di qualità, questo è un compito che spetta alla politica. Purtroppo appare chiaro che la maggioranza al Parlamento federale non ha nessuna intenzione di rimettere in questione un modello economico che porta ricchezza a pochi e richiede sacrifici a tutti gli altri. In questa situazione è ancora più necessario a livello cantonale adottare misure a favore dei disoccupati e dei lavoratori residenti, per salari dignitosi, un uso parsimonioso del suolo e a fare in modo che la “responsabilità sociale” torni ad essere davvero un valore per tutte le aziende che operano da noi.