Il Centre Jeunes Kamenge un isola di pace
Nei scorsi giorni Renzo e Maria Pia Petraglio, che dal 1993 si recano in Burundi, hanno preparato le loro valigie, per ritornare al Centre Jeunes Kamenge isola di pace in un paese dilaniato dalla guerra. Li resteranno a contatto con i giovani fino per un mese seguendo le loro attività. Vediamo cos’é per loro il Centre Jeunes Kamenge…
Da quanti anni vi recate in Burundi e cosa vi ha spinto a iniziare questo legame e a mantenerlo?
La prima volta che siamo andati in Burundi era nell’estate 1993.
Vi siamo andati … a motivo di Claudio. Infatti, verso la metà degli anni ‘80 avevamo conosciuto Claudio a Parma. Io lavoravo per la rivista dei Saveriani: scrivevo ogni mese una pagina biblica sulla rivista “Missione oggi”.
Poi, nel ‘90, Claudio aveva deciso – con altri due confratelli – di tornare in Burundi per progettare e costruire, su invito di Simone Ntamwana che allora era vescovo di Bujumbura, il Centro Giovani Kamenge. E nel ‘92 un gruppetto di Parma era andato a far visita a Claudio. Con loro era andata anche nostra figlia Febe. E, quando è tornata da questo viaggio, appena scesa dall’aereo, ci aveva detto che l’anno successivo Claudio aspettava noi a Bujumbura, per degli incontri biblici con i Saveriani e al Centro. Ed è così che nell’estate del ‘93 siamo andati per la prima volta in Burundi e al Centro che, proprio allora, cominciava le prime attività.
L’estate del ‘93, precisamente il giorno del nostro arrivo, era l’inizio della democrazia in Burundi: cominciava il suo mandato Melchior Ndadaye, il primo presidente eletto democraticamente in Burundi.
Ma la democrazia è durata poco: dopo cento giorni c’è stato un tentativo di colpo di stato: Ndadaye e altri ministri sono stati uccisi. E così è cominciata la guerra civile: era la notte tra il 20 e il 21 ottobre del ‘93. E noi, che eravamo rimasti regolarmente in contatto con il Centro e con Claudio, non abbiamo potuto rimanere indifferenti. E così, quando a febbraio del ’94 io avevo alcune settimane di congedo dalla scuola, sono tornato in Burundi per vivere con gli amici burundesi la paura della guerra e per cercare di tener viva, con loro, qualche speranza nel futuro. Ed è stata questa solidarietà con amiche e amici che vivevano la paura della guerra; è stato il bisogno di non lasciarli soli in quelle giornate e in quelle notti lacerate dagli spari. Questo il motivo per cui siamo tornati, anno dopo anno, al Centro.
Dall’inizio a oggi cosa è cambiato?
Negli anni (più di una decina) nei quali la guerra ha distrutto tutto, solo il Centro è rimasto come spazio di pace e di speranza. E i giovani osavano uscire dai loro quartieri per ritrovarsi al Centro. Lì e solo lì si sentivano rispettati come persone, e ciò indipendentemente dalla loro appartenenza a un’etnia. E i momenti vissuti al Centro sono stati fondamentali per quanti, fin da piccoli, non avevano avuto altre esperienze all’infuori di spari e insicurezza.
Poi, con il ritorno alla ‘normalità’ e con le elezioni del 2005, è tornata la speranza di poter vivere un cambiamento. Ma ben presto questa speranza, davanti all’impotenza della ‘democrazia’, ha lasciato spazio alla rassegnazione.
Tutto ciò ha portato i giovani a mettere le loro speranze solo nel Centro. Essi hanno considerato il Centro sempre più con interesse, apprezzandone le attività proposte e a sentirlo come una realtà davvero loro.
Per questo motivo, durante questi anni le attività del Centro si sono sempre più diversificate, con un impegno crescente sia da parte di Claudio, responsabile del Centro, che dei vari animatori locali.
Con che aspettative partite venerdì e come passerete questo periodo giù? cosa seguirete?
Le nostre aspettative? Partiamo sicuri di poter ritrovare degli amici con i quali, in tutti questi anni, abbiamo condiviso molto. E con loro condivideremo degli incontri a livello di Bibbia e Corano (ci sarà il ramadan durante questo mese), di democrazia (ci saranno nuove elezioni tra pochi mesi) e di apprendimento delle lingue (greco classico e francese).
E questi incontri sono momenti di arricchimento reciproco, per loro e anche per noi.
Per voi il cjk é?
Per noi il Centro è diventato, nel giro di questi due decenni, uno spazio familiare dove ci sentiamo come ‘a casa’, uno spazio dove ricordi comuni (positivi alcuni, tristi e anche tragici altri) ci legano e ci uniscono. D’altronde, come in casa, anche qui abbiamo visto dei giovani aprirsi, crescere, trovare la propria strada e crearsi un futuro. E queste esperienze ci invitano a guardare anche alla nostra vita con fiducia.
Un augurio ai giovani del Burundi?
L’augurio, per loro, è che, attraverso un’esperienza di vita comune e di condivisione, essi possano diventare sempre più costruttori, responsabili e critici, del futuro del loro paese. E ciò invece di seguire e copiare passivamente modelli che, purtroppo, dominano spesso le società del sud e del nord del mondo.