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Care amiche, cari amici, buona domenica!
Anche oggi il sole splende caldo sul nostro Cantone. Sono tantissime le attività di questo fine settimana: spettacoli, musica, mostre, sagre. Tra tutte spiccano la StraLugano e la Festa federale della musica popolare a Bellinzona. E chissà che non ci incontreremo proprio lì tra qualche minuto…
Sintesi della settimana ed evoluzione
La nostra informazione domenicale dell’Economia con Amalia comincia con uno sguardo sulle decisioni delle banche centrali di questa settimana. Domenica scorsa avevamo parlato dell’aumento tasso di interesse di riferimento deciso dalla Banca centrale europea (BCE) di 0.25 punti che lo aveva portato al 4.5%. Questo nonostante i segnali di un’economia reale che sta rallentando. Diversamente, hanno invece fatto la Federal Reserve (Fed, Banca centrale degli Stati Uniti), la Banca d’Inghilterra (BoE, Bank of England) e anche, un po’ a sorpresa, la banca nazionale svizzera (BNS). Tutte e tre hanno deciso di lasciare i tassi invariati, ma probabilmente per ragioni diverse; vediamole. La Fed ha interpretato come un avvertimento i segnali di tensione sui mercati che stanno reagendo a causa del possibile rallentamento economico. In aggiunta, non dimentichiamo che la Fed è stata la prima banca centrale a iniziare la lotta all’inflazione e ad oggi il suo tasso di riferimento è del 5.5%. A pesare invece sulla decisione della Banca d’Inghilterra di lasciare il tasso invariato al 5.25% è stato probabilmente il leggero rallentamento del tasso di inflazione nel mese di agosto che si è fermato al 6.7% (il mese prima era del 6.8%). Per quanto riguarda la scelta della Banca nazionale svizzera, ossia di lasciare il tasso di interesse all’1.75%, possono averla influenzata le previsioni economiche appena pubblicate e la paura dell’effetto sui consumi di ulteriori importanti aumenti dei prezzi dell’energia e degli affitti. Proprio su quest’ultima voce avrebbe pesato in maniera determinante un ulteriore aumento dei tassi di interesse che manifesta i suoi effetti primari sui proprietari di immobili che a loro volta li assorbono con gli aumenti per gli inquilini. Per quanto concerne invece le previsioni economiche si conferma un certo rallentamento della crescita per l’anno prossimo (1.2% al posto dell’1.5% stimato in precedenza) che potrebbe essere anche peggiore se la congiuntura economica internazionale proseguisse il suo cammino di stagnazione magari causato anche da problemi legati all’approvvigionamento energetico e quindi alla produzione.
E di energia, ma pulita, parliamo ora. Il primo ministro britannico Rischi Sunak ha annunciato questa settimana lo spostamento del divieto di immatricolare veicoli a combustibile fossile (benzina e diesel) dal 2030 al 2035. Così facendo si allinea ai tempi previsti dall’Unione Europea. Le ragioni che ha invocato sono state principalmente legate alla necessità di rivedere le tempistiche tenendo conto della realtà e delle esigenze dei cittadini. Il premier ritiene che la transizione energetica stia avvenendo a ritmi molto elevati e che anche con questo spostamento dei tempi la maggioranza dei veicoli nel 2030 sarà alimentata in maniera elettrica. Tuttavia, ed è un’inversione di tendenza che potrebbe avere delle ripercussioni anche in altri paesi, il primo ministro ritiene oggi che questo cambiamento debba avvenire come scelta libera dei cittadini anziché come obbligo imposto dallo Stato. Alcuni analisti ritengono che i passi indietro non si fermeranno qui e già nei prossimi giorni annuncerà pure lo slittamento dei termini per l’obbligo di sostituire le caldaie a gas precedentemente imposto. Ma il Regno Unito non è l’unico paese ad aver rivalutato le tempistiche delle politiche ambientali. Il governo svedese ha annunciato una riduzione dei fondi previsti per l’anno prossimo per il clima. In questo caso la scelta è stata dettata dalla necessità di maggiori risorse per quelle che oggi appaiono altre priorità e in particolare per le misure in favore della difesa del potere d’acquisto dei cittadini. Lo abbiamo sempre detto: le politiche ambientali per riuscire non possono essere fatte sulle spalle delle classi più povere.
E rimaniamo in questo ambito, ma spostiamoci nell’Unione Europea che dopo aver deciso la messa al bando delle auto a benzina o diesel a partire dal 2035, senza aver preventivamente analizzato a fondo il mercato, inizia a fare i conti con le conseguenze di questa scelta. E questa settimana la presidente Ursula von der Leyen cerca di correre al riparo annunciando l’apertura di un’inchiesta contro i prezzi delle auto cinesi vendute nell’UE. Secondo la presidente, i produttori di automobili in Cina sarebbero beneficiari di sussidi e aiuti indiretti tali da consentire loro di vendere i veicoli ad un prezzo inferiore del 20% rispetto ai produttori europei danneggiando quindi l’industria automobilistica europea. Ma la questione non è così semplice. Attualmente il dazio pagato sulle importazioni di auto cinesi è del 10%. Se alla fine dell’inchiesta dovesse risultare veritiera l’accusa di aiuti statali, l’Unione Europea potrebbe aumentarlo introducendo “dazi compensativi”. Ma a pagarne le conseguenze potrebbero anche essere le aziende europee e americane che producono in Cina (Volkswagen, BMW, Mercedes-Benz e Tesla). Non dimentichiamo, ma questo si sapeva già nel momento in cui è stata decisa la fine dei veicoli a combustibile fossile, che la Cina è il paese che detiene la più grande quantità di materie prime (litio, cobalto, manganese,… ) necessarie per la produzione delle batterie elettriche. La dipendenza da questo paese doveva essere già presa in considerazione in precedenza.
E ringraziamo Carla Colmegna e il quotidiano La provincia di Como per l’intervista realizzata questa settimana e che abbiamo pubblicato anche nel nostro blog. I dati pubblicati dall’ufficio federale di statistica ci hanno consentito di fare una fotografia della relazione stretta tra formazione e lavoro in particolar modo per le scuole terziare (università, scuole universitarie professionali e altre scuole pedagogiche). In “Un filo tra scuole e lavoro – La formazione è decisiva” parliamo del fatto che il sistema svizzero va avanti a mantenere le sue caratteristiche e a dimostrare, se ce ne fosse bisogno, l’importanza della pratica professionale accanto alla formazione teorica..
Trovate qui gli articoli della settimana
Un filo tra scuole e lavoro – La formazione è decisiva
Se vi siete persi gli articoli delle scorse settimane, eccoli:
Casse malati: soluzioni, non slogan
Svizzera: il PIL stagna, la disoccupazione sale
UBS e Credit Suisse: ogni posto di lavoro conta
La carne? Solo per ricchi
Perché la lotta all’inflazione ci alza l’affitto (e altre spese)
120 secondi
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L’Economario – il vocabolario di economia
Vi ricordiamo che il nostro vocabolario di economia vi spiega in parole molto semplici, temi apparentemente complessi e soprattutto perché sono importanti nella nostra vita di tutti i giorni. Inflazione, PIL, consumi, commercio estero, disoccupazione: temi in apparenza complessi che vengono spiegati con parole semplici.
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Un filo tra scuole e lavoro – La formazione è decisiva
Casse malati: soluzioni, non slogan
Svizzera: il PIL stagna, la disoccupazione sale
UBS e Credit Suisse: ogni posto di lavoro conta
La carne? Solo per ricchi
In attesa di quello che ci riserverà l’economia la prossima settimana, vi auguro una splendida domenica!
Un caro abbraccio,
Amalia Mirante
P.S. Ho chiesto all’intelligenza artificiale (IA) di correggere gli errori nel testo e devo confessarvi che ne ha trovato uno di battitura, che ho evidentemente corretto, e 4 suggerimenti di punteggiatura (ne ho accettati). Ah, ha concluso scrivendomi “Nel complesso, è un pezzo molto ben fatto”. Oltre che utile è pure gentile l’IA!
L’economia con Amalia by Amalia1978