Riceviamo e pubblichiamo:
All’opposto di quanto promette nel titolo, l’iniziativa popolare «A favore del servizio pubblico» minaccia il servizio pubblico e la qualità dell’offerta. Se l’iniziativa dovesse essere accettata, La Posta sarà costretta a chiudere numerosi uffici postali, le FFS dovranno ridurre l’offerta nei trasporti regionali e le Swisscom non potranno più investire nell’estensione della rete a fibra ottica. Saranno penalizzati anche i circa 4’000 collaboratrici e collaboratori di queste tre imprese in Ticino. Il loro salario dovrebbe essere ri-negoziato. Il Cantone e i Comuni perderanno le imposte pagate da queste aziende. Anche in Ticino un Comitato che riunisce diversi rappresentanti ha presentato oggi a Lugano tutti i rischi e gli aspetti negativi di questa iniziativa per il nostro Cantone.
Tocca ora al popolo ticinese e del Grigioni italiano dire NO a questa iniziativa ingannatrice e dannosa in votazione popolare il prossimo 5 giugno.
L’iniziativa mette in pericolo la qualità del nostro sistema dei servizi di base
Secondo i sondaggi, se si votasse oggi, il 58% degli aventi diritto di voto accetterebbe l’iniziativa popolare che pretende di essere «A favore del servizio pubblico». Tuttavia, con questa iniziativa, il servizio pubblico non viene in alcun modo rafforzato. Al contrario le proposte dell’iniziativa indeboliscono pesantemente il nostro sistema dei servizi pubblici di base. Secondo il testo dell’iniziativa, La Posta, le FFS e le Swisscom non potrebbero più conseguire degli utili e non potrebbero più sviluppare le loro offerte. Così, ad esempio, senza la possibilità di fare utili le Swisscom non avrebbero la possibilità di investire per estendere la rete a fibre ottiche e la copertura 4G/LTE per i cellulari anche nelle zone periferiche e al di fuori dei centri urbani. I grandi perdenti sarebbero i Cantoni con un territorio ricco di valli e montagne come il Ticino. Infatti, l’iniziativa chiede che le prestazioni del servizio di base siano distinte dagli altri settori aziendali e non possano essere finanziati con gli utili conseguiti in altri ambiti. Concretamente, ciò significa che La Posta non potrebbe più finanziare le perdite generate dalla rete degli uffici e delle agenzie postali con i guadagni realizzati in altri settori, ad esempio, con Postfinance. I costi per un servizio il più vicino possibile agli utenti dovrebbero essere finanziati con le imposte o dai clienti de La Posta. La soluzione alternativa sarebbe una ulteriore e massiccia riduzione del numero degli uffici postali che, alla fine, saranno concentrati solo nei grandi centri urbani come Bellinzona, Locarno e Lugano.
Secondo Thomas Egger, direttore del Gruppo Svizzero per le regioni di montagna SAB, gli iniziativisti promettono di voler rafforzare il servizio pubblico. Tuttavia, se l’iniziativa dovesse essere accettata, il risultato sarebbe proprio il contrario. Negli scorsi anni, l’offerta dei servizi di base in Svizzera è stata fortemente ristrutturata ed adattata ai bisogni dei consumatori e alla possibilità offerte dalla tecnologia (ad esempio nel settore dell’offerta di servizi Internet a banda larga). Grazie a questi sforzi, la Svizzera dispone oggi, nel confronto internazionale, di un’ottima offerta di servizi di base fondata su leggi adeguate.
Ovviamente, la situazione può sempre essere ulteriormente migliorata. Accettare l’iniziativa sarebbe però un chiaro autogol che comprometterebbe i risultati finora raggiunti e impedirebbe di mantenere l’ottima qualità dei nostri servizi pubblici di base.
Numerosi posti di lavoro a rischio!
L’iniziativa non minaccia soltanto l’offerta dei servizi di base in Svizzera. Nello stesso tempo essa pregiudica la posizione delle collaboratrici e dei collaboratori che lavorano per il servizio pubblico. La Posta, Swisscom e le FFS sono datori di lavoro importanti in tutta la Svizzera ed in Ticino in particolare, con ca. 4’000 dipendenti: «Se queste imprese non dovessero più poter realizzare degli utili, sarebbe pressoché impossibile difendere le attuali buone condizioni di lavoro» ha affermato Nadia Ghisolfi, deputata al Gran Consiglio e rappresentante di transfair in Ticino. A lungo termine, il rischio sarebbe lo smantellamento di centinaia di posti di lavoro. I limiti salariali superiori invocati dall’iniziativa indebolirebbero enormemente le aziende nella concorrenza per il personale qualificato. «Risulterebbe ad esempio molto difficile reclutare degli specialisti», ha affermato Ghisolfi. Anche Carlo Lepori, membro della direzione del PS ha sottolineato l’importanza di respingere questa iniziativa ingannevole e dannosa. Per il Partito socialista, l’iniziativa è un regalo avvelenato. Gli iniziativisti promettono prezzi più bassi e una migliore qualità ma non spiegano come vogliano e possano mantenere queste promesse. Ancora peggio: a lunga scadenza il servizio pubblico sarà pesantemente indebolito, con gravi conseguenze: riduzioni delle prestazioni e dei servizi, riduzione dei servizi di manutenzione (con conseguenze sulla sicurezza e la qualità) ma anche una forte pressione sulle condizioni di lavoro e i salari del personale. La Confederazione e i Cantoni sarebbero privati di importanti entrate (dagli utili delle aziende del servizio pubblico) e dovrebbero avviare altri programmi di risparmio. Tutto questo mette in pericolo decine di migliaia di posti di lavoro.
Un testo mal formulato che non deve essere inserito nella Costituzione federale
Per Marco Romano, Consigliere nazionale, l’iniziativa popolare non contiene alcuna proposta costruttiva che porti ad un miglioramento dei servizi di base. Inoltre, i suoi promotori si contraddicono continuamente. Il testo dell’iniziativa stabilisce tuttavia in maniera inequivocabile che le aziende con un mandato per servizi di base non possono perseguire profitti né eseguire finanziamenti trasversali. Quale utile può dunque essere ottenuto senza che si possano creare le premesse per raggiungerlo? Chi non può aspirare ad un profitto non ne conseguirà alcuno. Questo dimostra come, nelle loro argomentazioni, i promotori inciampino in continue contraddizioni e interpretino il testo diversamente dal Consiglio federale e dal Parlamento unanimi. In queste condizioni, un’eventuale accettazione dell’iniziativa in votazione popolare darebbe avvio a lunghe discussioni sull’interpretazione del suo testo. Sul servizio pubblico incombono anni di incertezze che di certo non favoriranno un servizio di base forte e capillare.
Città e spazi rurali toccati
Come ha spiegato Sem Genini, direttore dell’Unione Contadini Ticinesi, l’iniziativa tocca sia le città, sia gli spazi rurali. L’iniziativa minaccia i servizi di base attuali soppratutto nelle zone periferiche e la solidarietà tra le regioni. Il servizio di base è un fattore importante per l’attrattività di tutti i territori: le città e gli spazi rurali. Anche gli agricoltori hanno, ad esempio, bisogno di un accesso ad una rete internet a banda larga per l’amministrazione ed il marketing delle loro aziende, nonché di un servizio di posta affidabile ed efficiente importante per poter spedire i prodotti agricoli. L’iniziativa popolare non migliora in nessun modo questo servizio ma, al contrario, ne mette in discussione la continuità.
Un ampio fronte contrario all’iniziativa
A livello federale, tutti i grandi partiti e tutti i membri del Consiglio nazionale e del Consiglio degli Stati hanno respinto all’unanimità l’iniziativa. Un vasto comitato di associazioni guidato dal SAB e dall’Associazione dei Comuni Svizzeri combatte l’iniziativa. Sono contrari anche la Conferenza dei direttori cantonali dell’economia pubblica (CDEP), la Conferenza dei direttori cantonali dei trasporti pubblici (CTP), la Conferenza dei governi dei cantoni alpini, la Regione della capitale Berna, economiesuisse, l’Unione svizzera dei contadini (USC), la Federazione svizzera del turismo (FST), il Konsumentenforum kf, l’Associazione svizzera delle telecomunicazioni (asut), il Servizio di informazione per i trasporti pubblici (LITRA), l’Unione dei trasporti pubblici (UTP), ProBahn, Travail.Suisse, transfair e l’Unione delle città svizzere. Tutti i livelli politici statali, tutti i partiti, le organizzazioni di settore, l’economia e i sindacati lottano uniti contro questa iniziativa.
Contatti:
Marco Romano, Consigliere nazionale,
Nadia Ghisolfi, deputata al Gran Consiglio PPD e transfair Svizzera italiana,
Sem Genini, direttore del Unione Contadini Ticinesi, Lega,
Carlo Lepori, Direzione PS Ticino,
Thomas Egger, direttore del Gruppo svizzero per le regioni di montagna SAB