Questo disegno é stato tolto da un documento riportato nel sito della Lega dei musulmani del Ticino e spiega perché le donne devono indossare il velo. Per motivi religiosi ? Ma certo che no ! Per non attirare i mosconi, ossia gli uomini. Alla faccia della parità dei sessi ! Chiaro il concetto ?
Il Consiglio europeo della fatwa e della ricerca è l’organo che emette pareri giuridici su ciò che è lecito o non è lecito nell’islam. Il Consiglio è presieduto da Yousef al Qaradawi, eminenza grigia del Fratelli musulmani, notoriamente antisemita e autore del libro “Il lecito e l’illecito nell’Islam”.
Questo Consiglio ha redatto una Raccolta di “fatwas” di cui la numero 6, dedicata al velo, dice (fonte: il libro “Islamophobie ou légitime défiance ?” della giornalista progressista ginevrina Mireille Vallette) :
“Noi abbiamo il dovere di convincere la musulmana che il fatto di coprirsi la testa è un obbligo religioso. Dio ha prescritto questa tenuta pudíca e questo foulard per la musulmana in modo che ella possa essere distinta dalla non musulmana e dalla non praticante. In tal modo, grazie a questa tenuta, ella donerà l’immagine della donna seria e onesta, che non è né una seduttrice né una tentatrice, che non offende né con le parole né con dei movimenti del suo corpo, affinché chi ha il cuore perverso non sia tentato da ella”.
Una volta di più – commenta l’autrice del libro – gli integralisti confermano che il foulard non è un segno religioso, ma una sorta di strumento per tenere a freno la libido maschile. E fra l’altro, dico io, di fronte a simili “pareri giuridici”, come si può ancora credere a coloro che affermano che il porto del velo è una “libera” scelta delle donne ?
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Per quali motivo gli islamisti che operano in Europa vogliono obbligare le donne musulmane a portare il velo e in taluni casi anche il burqa ( che è un sottoprodotto aberrante del semplice velo, ma che ha lo stesso significato ) ? Innanzi tutto per impedir loro di integrarsi nella società occidentale, perché solo separando le comunità islamiche dalle altre (sia con segni di riconoscimento visibili a tutti come i veli per le donne e le barbe per gli uomini e sia con la creazione di veri e propri ghetti) essi possono avere il controllo su queste comunità e pretendere di parlare a nome di tutti i musulmani portando così avanti a ripetizione ogni sorta di rivendicazione. E poi anche per usarle come mezzo di propaganda e di proselitismo. Ma anche per evitare che le donne musulmane praticanti, e solo loro, siano importunate dagli uomini.
E per forza che poi molte giovani, un po’ perché obbligate dai genitori, dai fratelli, dai mariti e dalle pressioni delle loro comunità, un po’ per paura di essere battute o sfigurate o ammazzate ( è successo anche in Ticino…) , un po’ per evitare insulti e molestie sessuali, decidano per così dire “volontariamente” di indossare il velo. E come dargli torto, leggendo quanto segue ?
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Nel corso di una predica fatta durante il Ramadan 2006 davanti a 500 persone, il principale imam d’Australia, Taj Din al-Hilali, aveva comparato le donne non velate a della “carne scoperta” che attira i predatori. Egli aveva fatto questa osservazione per scusare dei musulmani che erano appena stati condannati per aver compito diversi stupri collettivi in Australia. Ecco ciò che l’imam aveva detto : “Se voi prendete della carne non ricoperta e la piazzare all’esterno sulla strada, in un giardino, in un parco o nel vostro cortile, e se i gatti arrivano a mangiarla, di chi è la colpa : dei gatti o della carne scoperta ? La carne scoperta è il problema. Se la donna fosse stata nella sua camera, nella sua casa, e avesse portato l’hijab, non ci sarebbe stato alcun problema” (fonte : Daily Mail- 26 ottobre 2006)
Non ci si deve poi stupire se, facendo simili paragoni con la carne scoperta o con il lecca-lecca per giustificare l’ingiustificabile, i giovani che frequentano certe scuole islamiche e certe moschee ne escono con un concetto della donna piuttosto degradante e si sentano autorizzati a molestare e stuprare le donne che girano senza il velo.
Nel gennaio 2013 , come riferiva il Mattino della domenica del 3.2.13, un giudice della corte di Nottingham (Inghilterra) ha comminato una pena – poi sospesa – di due anni di lavori socialmente utili a un giovane musulmano che aveva stuprato una ragazzina di 13 anni. A sua discolpa il musulmano aveva spiegato di conoscere solo la legge islamica che considera le donne degli inutili oggetti e ha aggiunto che alla scuola religiosa che aveva frequentato gli avevano insegnato che una donna ha lo stesso valore di un lecca-lecca caduto per terra. Una giustificazione assurda che però è stata ritenuta valida dal giudice, il quale ha ridotto notevolmente una pena che altrimenti avrebbe dovuto essere di almeno 5 anni di prigione (!).
Ma quel che ci tenevo a sottolineare non è il fatto che il giudice sia stato un po’ troppo “comprensivo” (non abbiamo gli elementi necessari per giudicare questa sentenza) , quanto il fatto che, a detta del giovane, nella scuola religiosa che egli frequentava gli avevano insegnato che la donna “ è come un lecca-lecca caduto a terra”. Perché ha fatto proprio questo paragone ? Forse perché anche a lui, per chiarire il concetto della donna “seria e onesta” e di quella che invece non lo è, era stato mostrato il disegno del lecca-lecca che circolo sui siti islamisti. Ecco a cosa portano certi insegnamenti e certi paragoni aberranti!
Ed ecco altri fatti di cronaca riportati dalla stampa che fanno capire perché sempre più donne musulmane portano “volontariamente “ il velo a scopo di difesa personale (altro che motivi religiosi…) :
• Shahid Mehdi, l’imam danese di origini pachistane che giustifica gli stupri delle donne senza il velo
“Le donne che non si coprono la testa con l’hijab non meritano di essere rispettate, ma anzi sono colpevoli se sono violentate, perché esse chiedono di essere stuprate. Le donne trasformano una società pulita in una sporca andando in giro senza velo e disobbediscono al Corano che ordina di coprirsi”. Così , secondo il Mattino della domenica del 17 marzo 2013) avrebbe detto nel corso di un’intervista alla televisione danese DR2 il mufti (giurista) 36enne di origini pachistane residente a Copenhagen, Shaid Mehdi, rettore di una scuola musulmana e leader di un centro islamico.
• Hesham al Ashry, predicatore egiziano che legittima gli stupri delle donne cristiane senza il velo
Secondo il Mattino della domenica del 21 aprile 2013, durante una trasmissione alla TV Al-Nahar il predicatore islamico egiziano Hesham al Ashry ( che aveva vissuto 15 anni negli USA, dove era considerato un moderato) per legittimare le violenze che si registravano al Cairo e altrove dopo la caduta di Mubarak avrebbe detto “Una volta mi hanno chiesto se avrei permesso alle donne cristiane di rimanere senza velo. Certo, se vogliono essere stuprate in strada possono farlo”. Inoltre egli avrebbe detto “ occorre una polizia religiosa in stile saudita che punisca i vizi come l’alcool e le donne non totalmente coperte e permetta così all’Egitto di diventare completamente islamico”.
• Yasir al Ajlawni , sceicco salafita giordano, autorizza stupro donne cristiane
Il Mattino della domenica del 14 aprile 2013 riferiva che secondo quanto scritto dalla Pontificia Agenzia Fides, lo sceicco salafita Yasir al Ajlawni, un giordano residente a Damasco, avrebbe dichiarato che i combattenti islamici che si oppongono al Governo laico siriano “hanno il diritto di stuprare qualunque donna non sunnita”. Lo stupro di donne e ragazzine cristiane e alawite secondo il “religioso” salafita sarebbe “ del tutto lecito” perché si tratta di “donne infedeli e impure”
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E ricordate la ragazza norvegese che qualche tempo fa era stata stuprata negli Emirati arabi e che dopo aver denunciato il fatto era stata condannata a un anno e mezzo di prigione (poi fortunatamente la ragazza aveva potuto tornare a casa senza scontare la pena grazie alle pressioni internazionali, mentre che i suoi aggressori l’avevano fatta franca…) per aver avuto rapporti carnali al di fuori del matrimonio ?
Quindi anche alle turiste che frequentano certi Paesi misogini e medioevali è consigliato di portare il velo…perché sennò diranno che se la sono andata a cercare…
Conclusione finale : facciano attenzione quelle femministe alla rovescia e quelle donne progressiste di casa nostra che scendono in piazza a favore della libertà per le donne musulmane di portare il burqa ( e ovviamente anche il velo islamico), perché un giorno o l’altro loro o le loro figlie – alla faccia della libertà da esse invocata – potrebbero essere “costrette” a indossare “volontariamente” il velo per evitare brutte sorprese o per difendersi da chi considera tutte le donne senza il velo alla stregua di un lecca-lecca che attira i mosconi o di un pezzo di carne scoperta che attira i predatori …Ma perché non scendono in strada a protestare contro l’obbligo per milioni di donne musulmane (anche in Europa) di portare veli e affini ?
Giorgio Ghiringhelli
Attenzione : il testo trasmesso sopra l’avevo pubblicato il 21 agosto 2013 , in vista della votazione popolare sull’iniziativa antiburqa, sul sito del Guastafeste www.ilguastafeste.ch, dove è tuttora visibile (nel link sull’Islam) . Per cui se qualche giornale online decidesse di pubblicarlo come testimonianza di lungimiranza dovrebbe mettere ben in evidenza che il testo risale a oltre due anni fa, e pubblicare come introduzione e come spiegazione il testo che segue.
Perché vi trasmetto ora questo testo, che a quell’epoca poteva sembrare ad alcuni giornalisti e lettori frutto di becero fanatismo antislamico ?
Perché dopo i fatti di Colonia la lettura di questo testo dimostra , specie nelle sue conclusioni, che il sottoscritto aveva visto giusto, e che con lungimiranza aveva tentato di far aprire gli occhi, soprattutto alle nostre femministe di sinistra pro-burqa, sul vero significato del velo islamico, che del resto è ben descritto nel Corano (versetto 59 della Sura 33 : “ O tu, proprio tu profeta, raccomanda alle tue donne, alle tue figlie, alle donne dei credenti di calare un poco su di loro i veli : questo servirà a distinguerle dalle altre, perché non vengano offese” .
Il velo è dunque una sorta di “marchio” per distinguere le donne musulmane pie da quelle non pie e da quelle non musulmane, proteggendo dalle molestie sessuali chi lo porta (lasciando tutte le altre alla mercè di quelle bande di barbari che si sentono autorizzati dalla loro religione a stuprare e molestare sessualmente le donne che per il loro modo di vestire non sono degne di rispetto e vengono considerate delle puttane.
Ecco perché anni fa in Francia alcune donne musulmane che si rifiutavano di portare il velo avevano fondato un’associazione denominata “Ni soumises ni putes”, per dire che il fatto di non indossare il velo e di rifiutare di sottomettersi in tal modo a un obbligo religioso non significava essere delle puttane.
Ed ecco perché ritengo che il porto del velo in Occidente è un gesto razzista che andrebbe proibito, in quanto il messaggio consciamente o inconsciamente lanciato dalle donne che lo indossano è “noi siamo delle donne pure, le altre sono delle puttane meritevoli di essere molestate dagli uomini”.
Se nulla cambierà, per proteggersi dai molestatori e stupratori di gruppo le nostre donne dovranno prima o poi rassegnarsi a velarsi anche loro, e a vestirsi con abiti che nascondano le loro forme. Ma potrebbe anche darsi che succederà l’inverso : ossia che per ripicca o per una sorta di difesa delle donne occidentali, gli uomini non musulmani cominceranno a molestare, magari solo verbalmente, le donne con il velo, fino a quando queste per non essere molestate si sentiranno più sicure togliendo il velo . E così la parità dei sessi sarebbe ristabilita , e le nostre donne saranno più al sicuro. Del resto proprio di recente il Concistoro israelitico di Marsiaglia, dopo che un insegnante ebreo che indossava la kippah era stato aggredito mentre si recava alla sinagoga, ha invitato i fedeli della Comunità ebraica a non indossare questo copricapo in modo da non essere riconoscibili e da non essere aggrediti…
Per evitare che le donne musulmane possano in futuro evitare di essere a loro volta bersaglio di ripicche, sarebbe dunque auspicabile che il velo islamico , ora che il suo vero scopo razzista e sessista è stato smascherato, e ora che più nessuno ( si spera…) oserà paragonarlo con il velo portato dalle nostre nonne o dalle suore, venga proibito in tutta Europa : perché esso non c’entra con la libertà di religione e anche se c’entrasse vi sono comunque dei limiti pure alla libertà di religione, quando questa cozza contro altre libertà e diritti fondamentali, come ad esempio la parità dei sessi.
Non lo si vorrà fare ? E allora , se si vuol evitare che le nostre donne vengano molestate sessualmente e violentate perché agli occhi di quelle frange di maschi islamisti non si adeguano ai dettami dell’Islam, l’alternativa è una sola : chiudere le porte dell’Europa ai migranti maschi e soli dai 15 ai 35 anni di fede musulmana, e deviarli verso uno dei 57 Paesi islamici membri dell’OCI (Organizzazione della cooperazione islamica) che certo saranno felici di aprire le porte ai loro correligionari.
Una misura urgente da adottare in Svizzera sarebbe quella di modificare certe regole nei centri federali per richiedenti l’asilo. Attualmente, in base a un Regolamento interno allestito dall’Ufficio federale della migrazione, gli ospiti di questi centri possono uscire tutti i giorni dalle 9 alle 18, e durante i fine settimana (previo ottenimento di un permesso di congedo) possono restare fuori dall’alloggio ininterrottamente dal venerdì alle 9 fino a domenica alle 19, con facoltà di muoversi in tutta la Svizzera !
Onde prevenire fatti come quelli accaduti a Colonia e in altre città europee, fra cui Zurigo (!) , il movimento del Guastafeste chiede che agli ospiti di questi centri ,maschi e non sposati, dai 15 ai 35-40 anni, non sia data la possibilità (salvo casi particolari e motivati) di uscire di sera al venerdì e al sabato né tantomeno di muoversi in tutta la Svizzera.
E ciò con una certa urgenza, visto che i festeggiamenti per il carnevale si avvicinano, e con essi anche le tentazioni di praticare nuovamente il “taharrush gamea”, ossia la barbara pratica inaugurata durante la Primavera araba al Cairo in Piazza Tahrir nel gennaio del 2011, e che consiste nel circondare con tre cerchi di uomini le donne che per il loro modo di vestire non sono degne di rispetto, molestandole sessualmente o stuprandole.
Giorgio Ghiringhelli, fondatore del movimento del Guastafeste