La pandemia ha toccato anche il mondo dei concorsi enologici. Quest’anno, sia il Grand Prix du Vin Suisse che il Mondial du Merlot si sono svolti nel secondo semestre dell’anno, a poco più di 15 giorni di distanza l’uno dall’altro: un confronto ravvicinato che ha generato non poche sorprese.
Al Grand Prix du vin Suisse le medaglie d’oro attribuite ai vini ticinesi sono state 23, con tre soli nominati. Un risultato che ha sorpreso soprattutto per le categorie coinvolte: nessun riconoscimento per Merlot o Assemblaggi, i domini tradizionali della vinificazione nostrana, ma riconoscimenti per categorie inusuali, a testimonianza che non di solo Merlot vive il Ticino. In particolare, i nominati ticinesi sono il Bianco di Merlot Ticino DOC Sinfonia della Cantina Chiericati, per la categoria vini bianchi ottenuti da uva a bacca rossa, la Stria Bianca della ditta Corti nella categoria assemblaggi vitigni bianchi e, tra gli spumanti, troviamo il Godié della Tenuta Trapletti. Se la vittoria dovesse sfuggire loro, avrebbero sempre la soddisfazione di essere giunti tra i 6 finalisti della propria categoria. Situazione diversa al Mondial du Merlot, dove il palato dei giurati ha premiato 52 vini ticinesi con medaglie quali Grand’Oro, Oro e Argento. Tra i vini che hanno ottenuto la Gran Medaglia Oro, figura il Merlot Ticino DOC Ronco 2013 dell’Azienda Agraria Cantonale di Mezzana ed il Merlot Ticino DOC 2017 Saetta della Cantina Ghidossi, premiato per la sua eleganza e il suo potenziale d’invecchiamento.
Due concorsi di prestigio a distanza ravvicinata, stessi vini -o quasi- ticinesi e risultati molto diversi, come mai? Le motivazioni vanno ricercate nella filosofia alla base delle due manifestazioni, entrambe organizzate dall’Associazione Vinea.
Al Mondial du Merlot vengono giudicati vini da tutto il mondo – quest’anno erano 511 provenienti da 26 nazioni dei 4 continenti- e un terzo dei giurati deve arrivare dall’estero. Giudici abituati a valutare vini provenienti da tutto il mondo, che non interpretano il vino solo nella fase attuale, ma anche guardando al suo potenziale futuro. I grandi vini, giustamente, richiedono un lungo affinamento e tenuta nel tempo e i tannini sono uno degli elementi necessari per la sua corretta evoluzione durante l’affinamento in bottiglia. Nonostante una concorrenza agguerrita, i nostri vini si sono dunque comportati in modo eccellente. Al GPdVS invece la giuria è composta da svizzeri e giudica la produzione locale, con particolare attenzione alla situazione attuale e poco riconoscimento al potenziale di invecchiamento. Un bello svantaggio per i nostri Merlot, che iniziano ad esprimersi al meglio dopo quattro anni circa.
Anche per i nostri vini, dunque, vale il detto “nessuno è profeta in patria”? Per questo strano 2020 i nostri vignaioli si devono “accontentare” di potersi sedere da protagonisti al tavolo dei grandi Merlot internazionali, ancora più motivati a riprendersi l’anno prossimo quello scettro di miglior Merlot svizzero al GPdVS che quest’anno è sfuggito per qualche decimo di punto.
Andrea Conconi, direttore