I produttori di Barolo più anziani la ricordano ancora oggi come la prima annata eccezionale del dopoguerra: era il lontano 1947. Tempi duri, difficili, di povertà, di ferite ancora da rimarginare, di ricostruzione di un paese devastato dagli eventi appena trascorsi.
Allora produrre uva nella terra del Barolo era pressoché una scommessa: si lavorava e si sperava. Soltanto a fine raccolto, al momento della vendita delle uve, si sapeva con esattezza a quanto potesse ammontare effettivamente il reddito; e una sola grandinata poteva significare miseria per l’anno a venire.
Si racconta di come un produttore, su uno dei terreni più importanti per la produzione di uve Nebbiolo, subito dopo la guerra sostituì la vigna con le nocciole, proprio per via di un guadagno più cospicuo al momento.
Erano anni di lavoro svolto esclusivamente a mano, di trattamenti a spalle, di vigne da zappare in primavera e in estate. Anni di grano, alternato alle fave, seminato tra i filari che, per ragioni nutrizionali, era più importante dell’uva stessa. Anni in cui il Barolo valeva meno del Moscato. Ma arrivò il 1947.
La nostra Italia, che cercava di tornare a una vita normale, lentamente riprendeva le sue attività. Proprio in quell’anno Lucia Bosè, giovane commessa che lavorava in una pasticceria a Milano, vince a Stresa davanti a Gina Lollobrigida e a Eleonora Rossi Drago il concorso di Miss Italia; Totò e Wanda Osiris brillano come “Stelle” del varietà. Affiorano tra gli autori i nomi di Garinei e Giovannini.
Il Grande Torino si laurea ancora Campione d’Italia mentre i cugini della Juventus arrivano secondi in classifica. Nasce, sempre nel mondo dello sport, il “Settebello” della nostra pallanuoto: gli azzurri infatti vincono i campionati europei.
De Sica, Rossellini e Visconti con i loro capolavori sono, in quel contesto storico per il cinema, gli artefici della nascita del “Neorealismo”. Oltre oceano, per rimanere in campo cinematografico, l’Oscar viene vinto dal film: “I migliori anni della nostra vita” (The best years of our life).
Nelle vigne del Barolo si registra un fatto non consueto. L’elevata siccità la fa da padrona al punto che la foglie tendono a seccare. La raccolta delle uve Nebbiolo, pulite al momento della vendemmia, termina in molte vigne prima della fine del mese di settembre. La produzione è limitatissima ma di ottima qualità. La guerra prima e la siccità dopo fanno lievitare vistosamente i prezzi.
Si produce ovviamente poco vino in quella annata “47”: ma che vino, che Barolo! L’equilibratura è perfetta, il carattere è forte e marcato, il corpo è straordinariamente pieno: veramente una “grande” annata; la prima del dopoguerra, la terza del secolo dopo il 1922 e il 1931.
Anche per il Barolo i tempi sono cambiati, ci sono state ancora grandi annate e altre seguiranno ma gli stessi anziani, menzionati all’inizio, hanno difficoltà ad adattarsi al gusto di oggi. Il Re si evolve con gli anni, si adegua al severo mercato ma una bottiglia di quel lontano “47” sarà sempre: “Barolo” che parla!
Fabrizio Salce