Un mio cavallo di battaglia: scrivo da tre anni che una donna sposata (rispettivamente marito) che hanno avuto un figlio dovrebbero ricevere dallo Stato fr 1800 al mese per la durata di 3 anni. Quando tocco questo tema, sia la classe padronale, come la classe politica mi guardava come un pericolo dell’establishment del lavoro. Sostenevo la tesi che avere un genitore a casa per i primi tre anni può essere solo positivo per la crescita del bimbo e se diamo alla famiglia i mezzi per non preoccuparsi economicamente, otterremo una società minore, creando posti di lavoro e facendo circolare l’economia. Meglio questa soluzione che licenziare la donna che ha avuto un figlio, mettere lei e la sua famiglia in difficoltà e sostenerla poi con i mezzi umilianti dell’assistenza sociale. Bisognava ritrovare poi, dopo i tre anni, un sistema di reintegro del posto di lavoro. Ero matto da legare e addirittura mi sono beccato pure dell’estremista, (forse un pochino lo sono). Ora leggo che il Governo si appresta a varare un assegno parentale (esiste già in alcuni cantoni) di ca. 3500-4000 franchi al mese per un anno, naturalmente controllando un tetto massimo del reddito globale della famiglia. Che forse anche gli addetti dell’economia, quelli ai piani alti, iniziano ad accorgersi che le statistiche USI lasciano il tempo che trovano, con professori strapagati a partorire “minchiate” di statistiche che non rispecchiano il mondo reale. Era ora che scendono dal mirtillo e cominciano a rendersi conto che da noi le cose non vanno poi così bene e allora che si favorisca la famiglia come unico nucleo base per uno sviluppo sano della nostra società. Alla buon’ora!
(ETC/rb)