Mancano pochi minuti alle ore sedici quando arrivo al parcheggio della Fiera di Bergamo, ad attendermi Greta e Sergio, con loro a bordo di un piccolo bus raggiungeremo la stazione cittadina dove si uniranno a noi un gruppo di colleghe della stampa. Vivremo insieme il fine pomeriggio, la serata e buona parte della giornata di domani. Protagonisti in scena per noi alcuni dei sapori tipici della terra bergamasca.
La prima tappa del nostro breve viaggio ci porta alle porte della città di Bergamo a Comun Nuovo presso il Birrificio Indipendente Elav dove ci accoglie Antonio per raccontarci la storia e la realtà dell’azienda. Non abbiamo molto tempo dunque tutto deve essere fatto in modo sintetico. Si parte dall’anno 2000 quando Il Clock Tower Pub, storico pub di Treviglio, cambia gestione e vede Antonio Terzi passare da dipendente a proprietario insieme a Valentina Ardemagni. Tre anni dopo La birra Elav viene prodotta come beerfirm. Nel 2005 Elav apre il pub monomarchio nella zona storica della sua città, Bergamo Alta. Passano cinque anni e la produzione di birra Elav ha inizio con un piccolo impianto da 300 litri. Altri cinque anni e la produzione aumenta: da un impianto da 300 litri si passa ad uno da 2.000 litri a cotta continua sempre totalmente manuale. Nel 2015 nasce la società agricola Elav e i primi campi sorgono ai piedi di Bergamo Alta, nella Val d’Astino, nel territorio che circonda il Monastero di Astino. Un anno dopo si inaugura la Cascina Elav. Elav ha preso in carico la ristrutturazione completa della Cascina Pesenti, un’antica struttura risalente al 1200 aperta al pubblico nella versione estiva. In poche frasi una storia ricca e affascinante portata avanti con passione e tenacia che vede si la produzione della birra artigianale in primo piamo, ma anche tutto ciò che ruota intorno alla storica bevanda ai tempi nostri. La presenza Elav agli eventi musicali, cinematografici, nei locali, sui mezzi moderni di comunicazione, nella vita degli amanti della buona birra.
Le birre prodotte sono naturali, non filtrate e non pastorizzate con una predilezione per l’alta fermentazione. Le materie prime vengono scelte con cura, l’acqua che viene utilizzata è quella di Comun Nuovo, ottimale per la produzione della birra. I malti utilizzati sono prevalentemente inglesi, mentre i i luppoli vengono selezionati da tutto il mondo ed alcune varietà biologiche sono coltivate nei terreni della Società Agricola Elav. Ogni anno nascono nuove birre che, se incontrano il gusto della clientela, rimangono in produzione. Nel 2016 sono state ben 8 le nuove birre realizzate. Il Birrificio esporta in diversi paesi non solo europei e produce una ventina di birre per una quantità di circa 50 mila litri al mese completamente in modo manuale e coerente con l’artigianalità dello stile Elav. Il tempo stringe, dovremmo parlare con Antonio per ore ma questo oggi non è possibile. Degustiamo con piacere alcune birre e subito dopo ripartiamo per raggiungere il nostro hotel. Un doccia e via pronti per la cena.
La seconda tappa ci permette di incontrare e conoscere Federico Coria per tutti “Chicco”. Lo troviamo nel suo ristorante di Dalmine il “One Restuarant”. Chicco è uno Chef cinquantenne simpaticissimo, super tifoso dell’Atalanta e carico di voglia di vivere e di fare bene. Ha un medagliere invidiabile da molti dei suoi colleghi ricco di ori, argenti e bronzi che vanno dal carattere regionale fino a quello internazionale. Negli anni di carriera è stato Chef in molti locali e hotel prestigiosi, docente e autore di testi e libri di settore. Ma non mi interessa il passato mi voglio godere la sua cena preparata per l’occasione. Si aprono le danza al tavolo con un tortino di carciofi con pancetta e fonduta di Parmigiano. Si prosegue con una lasagnetta farcita al formaggio Branzi e verdure e dopo arriva il filetto di maiale al rosmarino con spinaci, pinoli e uvetta. Concludiamo con il tortino al cioccolato con il cuore morbido. E’ una bella serata. I piatti sono ben strutturati e piacevoli in bocca. Anche la compagnia e pregevole e tutte la carte sono in regola affinché si possa apprezzare appieno ciò che della bergamasca conosceremo. Con Chicco con posso non parlare anche di calcio e ricordare gli anni in cui come giornalista lo seguivo e andavo a Zingonia a fare i servizi, proprio dove si allena la sua Atalanta. E’ ora di rientrare, domani ci aspetta la Valle Brembana.
Dopo la colazione riprendiamo il Bus e ci dirigiamo verso il comune di Branzi, una piccola località con poco più di 700 abitanti situata in alta valle. Dobbiamo andare a fare visita alla Latteria Sociale Casearia di Branzi dove si produce un formaggio tipico del territorio: il Branzi appunto. La Latteria esiste da oltre 60 anni e ritira il latte di circa 60 piccoli allevatori di montagna. E’ importate ricordare come queste realtà siano fondamentali al fine di dare reddito alle famiglie che vogliono restare a vivere in montagna tutelando terre che diversamente sarebbe abbandonate. Il Branzi è chiaramente un formaggio vaccino intero, crudo, a pasta semicotta, semiduro. Stagiona da un minimo di 60 giorni fino ai 180 per la versione stagionato ma può andare anche ai 12 mesi. Ha un sapore e un profumo che ricordano il burro. Naturalmente la Latteria produce anche altri formaggi, come il tipico Formai De Mut dell’Alta Valle Brembana Dop e il Bitto Storico, il Bitto che si fa su questo territorio. Non manca il burro, la ricotta e via dicendo.
Non lontano da Branzi troviamo il comune di Zogno dove ci rechiamo per il pranzo. Qui infatti ha sede la Baita dei saperi e sapori Brembani e al suo interno oltre a potere acquistare i formaggi della Latterie si possono comperare le altre specialità valligiane. Salumi, marmellate, birre, verdure in composta, mieli, e tutto ciò che si produce in zona, Ardesia compresa. Non solo, si può sedersi al tavole e mangiare le specialità locali. Così facciamo, in cucina per noi Romeo Gervasoni e Morris Sigismondi. Subito ci arriva un tagliere gigante con salame nostrano, cacciatore d’asino, slinzega di manzo orobica, pancetta nostrana, branzi di 180 giorni di stagionatura, formai de mut del 2015, stracchino antico, il tutto accompagnato da giardiniera, confettura di mirtilli, noci e mirtilli disidratati. Gustiamo il tutto di gran voglia e piacere, anche perché tutto molto buono, e chiacchieriamo tra di noi ripercorrendo ciò che abbiamo già visto e conosciuto. I nostri accompagnatori Greta e Sergio sono al quanto gentili e disponibili, Sergio è un giovane Bergamasco Doc e, giustamente, non perde occasione per elogiare le peculiarità della sua terra ed è bello vederglielo e sentirglielo fare. Greta lavora per Explora che altro non è che la Destination Management Organization di Regione Lombardia, Camera di Commercio di Milano e di Unioncamere Lombardia nata a servizio delle imprese e del territorio. Tra i diversi progetti attuati per la promozione del territorio evidenzio il progetto Bleisure (da Business + Leisure). Il progetto si presenta nel contesto di una particolare attenzione che la Regione Lombardia destina al sistema fieristico lombardo e che vuole, da un lato far conoscere la validità dell’offerta fieristica, coinvolti ben 11 poli fieristici regionali, dall’altra accrescere la conoscenza del territorio ai buyers e ai visitatori andando a stimolare il desiderio di prolungare la loro permanenza in loco. In occasione degli eventi fieristici vengono organizzati dei press tour che hanno la durata di 1 giorno e mezzo e che coinvolgono ogni volta dai 6 agli 8 giornalisti specializzati nel settore della manifestazione prescelta. Io, per esempio, sono di questo tour in occasione dell’evento “Agri Travel & Slow Travel Expo” in scena presso il polo fieristico chiaramente di Bergamo.
Terminata anche l’ultima fetta di salame il tagliere inesorabilmente vuoto sparisce dal tavolo per lasciare il posto alle padellate di “Osei Scapac” con panna nostrana di latteria e polenta taragna. In realtà non parliamo di uccellini ma di una sorta di involtini di carne arricchiti da formaggio, pancetta e salvia, cucinati in padella con il vino bianco. Uccellini scappati. Qui alla baita sono straordinari, buonissimi davvero, stesso discorso per la polenta. Bravi, un bel piatto.
E’ tempo di ripartire e andare a conoscere o, per alcuni ritrovare, un’altra eccellenza del territorio. Andiamo a Scanzorosciate, un tempo due comuni divisi Scanzo e Rosciate, dal 1927 un solo luogo. Qui su un totale di circa 30 ettari una ventina di produttori realizzano una chicca enologica: il “Moscato di Scanzo”. I numeri parlano chiaro poche bottiglie tra tutti. Noi andiamo a trovare Emanuele Biava che di bottiglie di Moscato quando va bene l’annata ne produce 1500 da mezzo litro l’una. E’ un piccolo produttore non solo per il Moscato visto che la sua produzione in totale non supera le 5 mila bottiglie, ma è bravo e preparato. Ci spiega con passione quella che è la più piccola DOCG italiana, dell’unico Moscato a bacca Rossa, dei terreni della sua azienda quelli chiamati “sas de la Luna” dove la vite deve sforzare e le radici delle piante non scendono in profondità. Ci racconta del nonno che produceva il vino per il Vescovo, di come si lavorare un tempo e di come lui continui a perseguire gli insegnamenti di allora. Assaggiamo i suoi vini, piacevoli e interessanti. In realtà di questo Moscato Lombardo ne avevo già assaggiata alcune versioni di altri produttori ma di quello di Emanuele ne ho sentito parlare molto bene. Lo degusto e mi piace.
E’ tempo di congedarci anche dal vino. Sono state ore molto belle, trascorse in ottima compagnia attraverso prodotti, uomini e donne di questa terra bergamasca. Sono solo poche eccellenze di qui, ce ne sono tante altre, ma sarà bello tornarci e incontrare ancora gente e sapori. Grazie a tutti e a tutte, questa volta Bergamo me la sono “Gustata”.
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